I nuovi equilibri in Europa: da Ppe-S&d a Ecr-Ppe-Renew

Manca un anno al rinnovo del Parlamento europeo: 27 Stati membri chiamati al voto a giugno prossimo con un corpo elettorale di oltre 400 milioni di cittadini.Diverse dimensioni demografiche, differenti economie nel momento in cui la fiducia verso le Istituzioni è in aumento nonostante le tante difficoltà di questi anni a cui Bruxelles ha dovuto far fronte. Dall’emergenza Covid alla guerra in Ucraina, dal patto di stabilità alla difesa dei confini esterni con i flussi migratori in espansione; i rapporti con i paesi africani, gli Usa, la Nato; e poi 2000 miliardi di euro messi in campo dall’Ue per rilanciare l’economia dei Paesi dopo la pandemia. Decisione compatta mai vista prima. Il timore del crollo del Mercato unico ha fatto trovare l’intesa tra i paesi del nord, ritenuti più rigoristi, e quelli del Mediterraneo più permissivi. Il binario su cui sono state convogliate le risorse il Green Deal.

Dopo lunghi anni di coalizione trasversale tra popolari e socialisti, durante l’era Merkel, il Parlamento europeo oggi è composto da una maggioranza allargata anche ai liberal-centristi. Che ha eletto la tedesca della Cdu Ursula von derLeyen alla guida della presidenza della Commissione europea. Oggi i governi nazionali vedono spostare l’asse verso destra. Tra i paesi Ue più grandi in Italia prevalgono le forze conservatrici guidate da Giorgia Meloni che dialogano con quelle di Polonia e Ungheria; in Germania, Scholz dell’Spd non brilla; in Francia, Renaissance di Macron subisce la concorrenza della Le Pen. Lo scenario giusto che fa ben sperare chi vuol tenere fuori la sinistra dalle decisioni di Bruxelles con un cambio di passo sulla rigidità delle regole dei Trattati, su una transizione ecologica meno invasiva, sulla maggior condivisione del problema migranti;anche se su questo ultimo punto le contraddizioni tra le forze conservatrici sono molto forti. E poi non dimentichiamo la gestione dell’enorme flusso di denaro dei fondi.

Per capire cosa si potrebbe verificare nel 2024 guardiamo la situazione politica nel nostro Paese che farebbe da scintilla. Giorgia Meloni da destra è al capo del governo e in Europa è presidente del gruppo dell’Ecr, i conservatori e riformisti: gli antagonisti dei popolari. Forza Italia dopo la scomparsa di Berlusconi vede Antonio Tajani, europeista e popolare della prima ora, con grande esperienza, condurre gli Azzurri e le trattative sulle alleanze a Bruxelles anche per conto della premier italiana. La Lega di Salvini non ha più i numeri del 2019 quando arrivò a toccare alle europee, sull’onda dell’emotività degli sbarchi nel Mediterraneo, quota 34%;la conseguenza è che il Carroccio dovrà seguire la scia degli alleati con il suo gruppo Identità e Democrazia.

Il partito della Meloni, Fratelli d’Italia, in un sistema elettorale europeo proporzionale puro, lavora per fare il pieno dei voti a traino dei risultati delle politiche del 2022, sostituendosi così al 34% della Lega. Aiutata anche dal fronte progressista (Pd e 5s) in alto mare e dal vento favorevole che spira sul suo governo;Tajani le apre le porte dei popolari;negli altri Stati Ue si consolidano le forze di centro-destra o destra-centro come in Grecia ultimamente con Mitsotakis.Il gioco è fatto: in Europa arriva una nuova maggioranza conservatrice (Ecr-Ppe) che può fare a meno dei socialisti. Addio alla grande coalizione Ppe-S&d. Motivo per cui tanti esponenti europei, da Weber a Metsola a von derLeyen, tutti popolari, fanno la corte all’inquilina di Palazzo Chigi che guida, non dimentichiamolo, i conservatori e riformisti a Bruxelles e non solo. Unica incognita Renzi e Calenda al centro ma che poco potranno condizionare l’intera Europa con un buon risultato perché Macron, il loro leader di Renew, in Francia soffre. Al massimo potranno accodarsi.  

Marco Trombetta  

(Foto da Facebook Giorgia Meloni)

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