Made in Italy alla sfida europea

di Giorgio De Rossi
A partire dagli anni ottanta il marchio commerciale “Made in Italy” sta ad indicare un prodotto completamente progettato, fabbricato e confezionato in Italia nei quattro tradizionali settori della moda, del cibo, dell’arredamento e della meccanica, in italiano noti anche come “Le quattro A”: Abbigliamento, Agroalimentare, Arredamento ed Automobili. Secondo un recente studio di mercato realizzato dalla Società KPMG il “Made in Italy” è il terzo marchio al mondo per notorietà dopo Coca Cola e Visa. L’originalità del nostro Bel Paese però non si limita ad un processo di rivalutazione e difesa dell’italianità dei prodotti nazionali ma si estende e trova applicazione anche in altri comparti, non certamente di natura commerciale, come in quello giuridico-amministrativo. Era il 9 aprile del 2009, anno di inizio della grande crisi finanziaria che a distanza di un decennio ancora ci attanaglia, quando, pressoché in sordina, le “Reti di Imprese” ottennero il proprio imprimatur giuridico con l’articolo 3, comma 4-ter, della Legge istitutiva n.33 recante “Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi”, emanata dal Ministero dello Sviluppo Economico. Nel corso degli anni la norma è stata oggetto di numerose modifiche ed integrazioni, a cominciare dall’articolo 42 della Legge n. 122/2010 che ha sancito la validità giuridica del “Contratto di Rete”, i cui elementi fondanti sono il Programma, i Progetti, il Fondo Patrimoniale e la Governance. Con tale riconoscimento il legislatore ha voluto introdurre una modalità di aggregazione in grado di superare alcuni nodi strutturali del nostro sistema produttivo imputabili prevalentemente alle modeste dimensioni delle aziende italiane, costituite per il 99,4% da micro e piccole imprese.

Il predetto Modello delle Reti di Imprese si basa dunque sulla stipula di un “Contratto di Rete”, quale formula del tutto innovativa rispetto alle vetuste aggregazioni di tipo associativo e cooperativistico regolamentate dal Codice Civile. Si aggiunga il fatto che la Commissione Europea, con la Decisione C(2010) 8939 definitiva del 26 gennaio 2011, nello stabilire che la normativa italiana intesa a costituire una rete non rappresentasse un “Aiuto di Stato”, ha inserito di diritto l’Istituto delle Reti di Imprese nel circuito delle Programmazioni Comunitarie destinate al cofinanziamento dei Programmi Operativi Nazionali (PON) e Regionali (POR) a valere sui Fondi Strutturali Europei. Ad oggi, infatti, numerosi sono stati i Bandi europei, emanati dalle Amministrazioni Centrali e da diverse Regioni, volti a consolidare quelle aggregazioni di imprenditori che, in forza di un Contratto di Rete e sulla base di un Programma comune, fossero in grado di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato. Cito, a titolo di esempio, sia il Bando della Regione Lazio, di importo pari a 13,5 milioni di euro, emanato in favore delle Reti di Imprese che esercitano attività economiche su strada, tuttora in fase di esecuzione, sia il Bando emanato dalla Regione Emilia Romagna, la cui partecipazione è scaduta nel novembre u.s.; quest’ultimo ha previsto la concessione di contributi per oltre 12 milioni di euro in favore delle PMI costituite in Reti di Imprese per realizzare progetti strategici sperimentali ed individuare soluzioni di innovazione digitale (Industria 4.0). Anche il mondo accademico ha offerto importanti contributi per la diffusione dell’Istituto: il 22 novembre u.s. si è tenuto, presso la Macroarea di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma Tor Vergata, un interessante Convegno promosso dal Prof. Nicolò Costa, Coordinatore del Corso di Laurea in Scienze del Turismo, sul tema delle “ Reti di Imprese tra Agricoltura e Turismo” in cui si è discusso anche della necessità di migliorare i Bandi emanati dalle Amministrazioni Centrali e Regionali.

Un’ulteriore importante novità nella materia è stata introdotta con l’articolo 12 della Legge n. 81/2017 che, ai fini dell’accesso ai Programmi Operativi Regionali e Nazionali, ha equiparato i professionisti alle piccole e medie imprese; pertanto, al fine di consentire la partecipazione ai Bandi pubblici è stata riconosciuta ai soggetti che svolgono attività professionali di costituire reti di esercenti la professione e consentire agli stessi di partecipare alle reti di imprese in forma di reti miste. Sono più che mai convinto del fatto che la sempre maggiore attenzione che verrà rivolta ad una aggregazione dipenderà esclusivamente dalla capacità esterna di considerare le “Reti di Imprese” non come una semplice pluralità di soggetti riuniti insieme per realizzare uno scopo comune limitato nel tempo, bensì come un imprenditore unico, pubblicamente identificato in un Contratto di Rete, dotato di un proprio Patrimonio, di una sua autonoma personalità giuridica, di un solido Business Project, nonché di una Governance affidabile, efficiente ed in grado di dare concreta e rapida attuazione agli obiettivi prefissati. Volendo osare un parallelismo concettuale, alla luce dell’innovativa legislazione sulle aggregazioni retiste sopra descritta, potremmo concludere che la stessa ”Azienda Italia” abbia optato per una “Governance” basata sulla stipula di un accordo di governo di natura contrattuale che, al pari della volontà espressa da un’assemblea societaria, sia in grado di recepire e realizzare le richieste avanzate dalla maggioranza dei cittadini italiani.

Recommended For You

About the Author: Redazione

WP Twitter Auto Publish Powered By : XYZScripts.com

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi