di Monica Frida
Quando si critica l’Italia e si definisce divisiva la sua scelta sul Venezuela, e cioè quella di non essersi allineata con Francia, Germania e Spagna nel porre un ultimatum al presidente deposto NIcolas Maduro, si dovrebbe pensare a quanto divisiva in ottica europea sia stata la scelta francese di appoggiare Khalifa Haftar, il generale che si oppone al governo di Tripoli, riconosciuto dalle Nazioni Unite e guidato da Fayez Al Sarraj. Entrambi i Paesi, Venezuela e Libia, sono ricchi di petrolio ma poveri di tutto. Ma la scelta di Roma sul Venezuela, sebbene non condivisa dai due alleati di governo (Cinque Stelle e Lega, con quest’ultima più favorevole a rovesciare il regime) è stata la più ragionevole e coerente, perché anche secondo gli osservatori internazionali le elezioni che hanno eletto Maduro presidente erano state giudicate regolari.
Ora la simpatia tra l’Eliseo e il generale Haftar, da subito coltivata con solerzia dai francesi, ha convinto il primo ministro italiano Giuseppe Conte a cercare una sponda nel capo militare pur conservando l’amicizia con il governo ufficiale. Un equilibrismo che è vecchia scuola diplomatica, dove è meglio cercare di farsi due amici piuttosto che un nemico. Se Conte sembrava riuscito nel suo intento, anche per la benevolenza degli Stati Uniti che a Roma riconosceva il diritto di far da cabina di regia di un confronto diplomatico con la Libia, Haftar ha capovolto la situazione e si sarebbe rivolto alla Francia per avere un qualche via libera a un attacco a Tripoli.
C’è stato un incontro a Parigi di emissari del generale Haftar riportato anche dalla stampa italiana con molti particoalri, ma smentito dall’Eliseo con queste parole: “Abbiamo condannato l’offensiva fin dall’inizio”.
Fatto è che Haftar il 4 aprile scorso si è messo in marcia con le sue truppe verso la capitale libica. I morti sono stati decine fin dai primi giorni. Molte vittime sono bambini. Le due fazioni si scontrano, strada per strada, nella periferia della città. Gli appelli delle Nazioni Unite per un cessate il fuoco sono finora vani. Dal governo ufficiale vengono mandati due messaggi all’Italia. Il primo: ci sarebbero “almeno” ottocentomila migranti pronti a sbarcare dalla Libia verso le nostre coste. Il secondo: almeno quattrocento terroristi dell’Isis starebbero preparando una fuga in Italia. Naturalmente, e per fortuna, sembrano più dichiarazioni di propaganda che l’avviso di un pericolo reale. Il primo ministro Giuseppe Conte si muove proponendo la linea di demilitalizzare la guerra civile in Libia e di un’intesa tra le due fazioni.
Ma il conflitto, che covava già sotto la cenere da anni, ora è esploso. Con inevitabili ripercussioni in Europa, dove il “conflitto diplomatico” è tra Italia e Francia.