di Marta Fusaro
Tasse su bibite gassate, merendine e snack industriali dannosi alla salute per finanziare la scuola. Di questa idea aveva cominciato a parlarne da sottosegretario al ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, il Miur. Anzi era viceministro quando Marco Bussetti, indicato dalla Lega, era a capo del dicastero di Viale Trastevere. Ma allora non se lo filò praticamente nessuno. Ora che Bussetti ha fatto le valigie, Lorenzo Fioramonti, 42 anni, diventato Ministro al Miur in quota Cinque Stelle (con il Movimento è stato eletto alla Camera), ha visto la sua idea finire nelle prime pagine dei grandi giornali. Un’idea che in un primo momento era piaciuta al primo ministro Giuseppe Conte (“mi sembra praticabile”). Questa “tassa virtuosa” insieme a quella sui viaggi aerei quando sono in concorrenza con i treni – meno inquinanti – è stata indicata da Fioramonti per recuperare tre miliardi di euro l’anno, due dei quali da destinare alla scuola e uno all’Università e alla Ricerca. Mentre una tassa anti-inquinamento sui voli aerei in Europa c’è già in Francia e Svezia.
Ma un po’ inaspettatamente si è detto contrario Luigi Di Maio, il capo politico dei Cinque Stelle, che di Fioramonti già prima delle elezioni aveva parlato come di un genio dell’economia. Di Maio non vuole nuove tasse, anche per il complesso dell’alleato: prima la Lega, con la “tassa piatta”, ora il Partito democratico con il cuneo fiscale: sembra che i partner dei Cinque Stelle (che da parte loro si attribuiscono legittimamente il merito del reddito di cittadinanza) facciano a gara su come blandire gli elettori. Che però sono abituati al fatto che a ogni taglio di tasse corrisponda una maggiorazione su altre voci.
Come vorrebbe spendere questi tre miliardi Fioramonti? Più di uno, per aumentare gli stipendi agli insegnanti (cento euro al mese). E forse anche il neo-ministro va di fretta sulle misure più popolari, quando il mondo della scuola è sofferente per strutture, misure di sicurezza, laboratori. Fatto è che il mondo dell’istruzione e della ricerca in Italia, è uno dei più vessati dai tagli di bilancio (da più di dieci anni si parla solo di riduzione della spesa, e il calo costante degli alunni alleggerisce solo in piccola parte i sacrifici richiesti). La soluzione proposta forse è frutto di un calcolo un po’ ottimistico: aumentare le tasse sui beni voluttuari potrebbe far diminuire la spesa complessiva, e incide quindi anche sul gettito fiscale, come è successo per esempio in Ungheria proprio per gli snack tassati. Ma non è un’idea da prendere in giro, come pure è stato fatto, per esempio dal Giornale che l’ha definita «l’idea più sconclusionata di sempre». Matteo Salvini, leader della Lega, è il primo a irridere alla proposta. Al palco di una festa della Lega a Genova ha lanciato merendine ai suoi sostenitori, gridando: “Resisteremo con il chinotto” e parlando di disobbedienza civile. Eppure quella di Fioramonti – che la spiega con la necessità di trovare strade innovative, e che il fisco ha sempre indirizzato i comportamenti – non è un’idea neanche nuova. La Danimarca (ora però non ce l’ha più) un balzello del genere, sulle bibite gassate, lo introdusse ottant’anni fa. La Norvegia (che però non fa parte dell’Unione europea) introdusse una tassa del genere nel 1922, e l’ha “rafforzata” lo scorso anno.
Sono almeno una cinquantina gli Stati del mondo che hanno introdotto, magari per poi toglierla, la tassa zuccherata. In Europa, il più “scatenato” è il Portogallo: tasse fino a 30 centesimi di euro per bottiglia di bevanda zuccherata, e di recente ha introdotto anche una tassa sulle patatine fritte e cracker salati.
La Gran Bretagna tassa gli snack, e la “sugar tax” o “snack tax” è vecchia storia in alcuni Stati americani, con riviste scientifiche che hanno fatto anche le “proiezioni” non solo del maggior gettito fiscale ma anche del calo di peso procapite. Ed è una logica non troppo nuova anche in Italia: i “gratta e vinci” sono da tempo finanziatori dei beni culturali, e uno dei più recenti aumenti delle accise sulla birra è stato motivato con ragioni “salutiste”. Se Salvini ora ironizza, appena un anno fa “grillini” e Lega in un primo momento sembravano d’accordo in commissione Finanze a introdurre la nuova tassa. Nel 2012 fu Renato Balduzzi, ministro della Salute nel governo Monti, a proporla, per poi rinunciarvi. L’esempio della birra dà invece conforto all’idea del ministro del Miur, perché benché in Italia questa bevanda sia tassatissima (attorno al 45% della spesa totale va allo Stato), gli aumenti non ne hanno frenato l’ascesa nei consumi. In controtendenza, su proposta della Lega, si è introdotta una riduzione delle accise della legge di bilancio per il 2019 (solo l’uno per cento in meno per quelle industriali, un’inezia), e siccome il consumo annuale è sempre in aumento, il beneficio complessivo per lo Stato non ha fatto passi indietro.
Ce la farà Fioramonti? Lui ha spiegato che la tassa sulle merendine è solo una proposta. Quello su cui non intende fare un passo indietro è la richiesta di nuove risorse per la scuola. E solo in parte gli verrà in soccorso – come maggiore ritribuzione per gli insegnanti – il promesso taglio del cuneo fiscale, che il governo già ha deciso di rinviare perché non ce la fa a raddrizzare i conti.