Bocciata Goulard, la candidata di Macron

di Monica Frida

Emmanuel Macron non ha nascosto o non è riuscito a nascondere la stizza, e lo stupore, se non addirittura l’ira, per il voto contrario (a scrutinio segreto) a Bruxelles sulla candidata francese nella Commissione dopo un supplemento di audizione. Si tratta di Sylvie Goulard, 54 anni, e a lei sarebbe stato assegnato un portafoglio pesante: Mercato interno, industria e difesa, con delega al digitale e allo spazio. Bocciata per motivi “etici” dal comitato espressione del Parlamento europeo che “ascolta” i candidati commissari, con 82 voti contrari, 29 a favore e un’astensione. È stata ascoltata due volte (e questo doveva allarmare l’Eliseo) perché la prima non aveva convinto.

“Non capisco” ha reagito il Presidente francese nella conferenza stampa programmata a Lione per un altro evento, il Fondo mondiale contro l’Aids, allargando le braccia come una vittima, lui che si considera un grande statista europeo. E racconta di aver fatto tre nomi alla futura Presidente della Commissione, la tedesca Ursula von der Leyen. Sarebbe stata lei è sempre la versione di Macron a dirgli di aver piacere di lavorare con Sylvie Goulard. Le due donne hanno ricoperto in contemporanea l’incarico di ministro della Difesa nei loro rispettivi governi, ma per la francese si è trattata di una parentesi brevissima, durata appena un mese e tre giorni. Von der Leyen avrebbe rassicurato Macron dicendogli che si sarebbe consultata con i presidenti dei tre gruppi parlamentari che formano la maggioranza a Bruxelles: partito popolare, socialisti, liberali. Poi -sempre secondo la ricostruzione del presidente francese lo avrebbe richiamato e tranquillizzato: “Sylvie va bene a tutti”.

Ma alla prima audizione è stato chiesto alla Goulard un supplemento d’informazioni, un segnale che l’Eliseo non ha capito. Eppure si sapeva già quali sarebbero stati i problemi della candidata francese: un presunto uso improprio di fondi europei; un fatto che nel 2017 la convinse a dimettersi da ministro della Difesa nel suo Paese. Poi c’era la consulenza ben pagata, per più di due anni, a una società di analisi politica americana, e questo mentre era eurodeputata in una passata consiliatura (era stata già eurodeputata fino al 2017). Niente di illegale, ma il fatto è stato valutato inopportuno ora che l’incarico richiesto è di “governare” l’Europa. Naturalmente, tra gli scranni di Bruxelles, c’è chi ha sibilato un po’ di veleno: “Ma come, si era dimessa dal governo francese, e pensa di avere i requisiti per stare in Commissione? Forse che l’Europa vale meno di Parigi?”.

Naturalmente Macron penserà e lo ha fatto capire che dietro la bocciatura della sua candidata ci sia altro, e cioè una decisione politica contro la Francia o contro di lui, non esattamente mister Simpatia. “Devo capire che ruolo hanno avuto il risentimento e forse la meschinità”, ha detto infatti. Ora c’è chi ricorda come si sia opposto al criterio che il candidato alla guida della Commissione europea lo avrebbe dovuto scegliere il gruppo parlamentare più numeroso (quindi i popolari, che già prima delle Europee avevano proposto il tedesco Manfred Weber). Il presidente francese ha voluto sparigliare, e quindi sarebbe stato punito per questo. Ma è andata veramente così? Alla cancelliera tedesca Angela Merkel è andata meglio con Ursula: sempre del partito popolare, come lei, come Weber, ma con la particolarità di essere una sua amica, l’unica sempre ministro in tutti i suoi governi.

Macron ha quindi peccato di eccesso di fiducia e presunzione. È stato ingannato da Ursula? No, semplicemente non ha valutato qualche dettaglio decisivo. Ursula aveva chiaramente fatto capire di preferire l’indicazione di un candidato donna dalla Francia, che è stata il penultimo Paese a fare la sua proposta. In coda c’era l’Italia che in ritardo giustificato per la crisi e il cambio di governo avrebbe indicato quasi certamente un uomo (e infatti poi è stato scelto Paolo Gentiloni).

La parità di genere è un’ossessione di Ursula e lei era pronta a qualsiasi ottimismo purché l’Eliseo indicasse una donna. Non mettendo a fuoco la situazione. E quindi ha certo sbagliato in buona fede, non perché abbia architettato una trappola. Ma Macron fidandosi è stato ingenuo, perché avrebbe dovuto considerare l’inesperienza della sua interlocutrice. Della fragilità della candidatura Goulard avevamo scritto anche noi. C’è insofferenza in un Parlamento che non è legiferante, e che se approva di fatto si limita a “suggerire” al Consiglio dei Capi di Stato e di governo. E il Comitato un centinaio di parlamentari chiamato al voto ha bocciato la francese, creando un problema non solo a Macron (che ha già in mente l’alternativa) ma a tutta la Commissione che si sarebbe dovuta insediare il primo novembre.

I tempi sono diventati all’improvviso stretti (nuove audizioni e poi il voto), e si è cominciato a parlare di una proroga di un mese per l’attuale Presidente di Commissione Jean Claude Juncker. Che problema anche per la von der Leyen: il suo cammino è stato subito in salita.

 

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