di Teresa Forte
Se ne parlava da tempo, l’8 novembre il Consiglio del’Unione europea ha dato il via libera definitivo adottando il nuovo regolamento sulla guardia di frontiera e costiera europea Frontex, l’ex agenzia Ue per le frontiere esterne.
Ora a Frontex vengono affidati più compiti che in passato a sostegno delle attività degli Stati membri, in particolare in materia di controllo delle frontiere, rimpatrio dei migranti che non hanno diritto alla protezione internazionale e di cooperazione con i paesi extraeuropei di origine e di transito. Per garantire la gestione coerente delle frontiere esterne dell’Ue ed essere in grado di rispondere ad eventuali crisi, Frontex disporrà di un corpo permanente, che arriverà a contare – con crescita graduale – fino a diecimila unità operative entro il 2027, e di attrezzature tecniche.
Il Corpo permanente di guardie di frontiera e costiera, che ora conta di un migliaio di unità, comprenderà anche esperti in materia di rimpatrio, e sarà costruito gradualmente, fino ad arrivare10.000 agenti operativi entro il 2027. La Riserva di reazione rapida, che sarà mantenuta fino alla fine del 2024. Francia e Germania hanno spinto per quest’intesa, l’Italia invece è stata a lungo contraria. Questo per diversi motivi: con il governo Conte 1, quando era ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi aveva posto soprattutto un problema di spsa: allargare per dieci volte Frontex significa costi che vengono sottratti ad altri interventi di contrasto alle migrazioni, come il Fondo fiduciario per l’Africa, da utilizzare anche per finanziare dei centri di sbarco nei Paesi africani. Poi, sottaciuto, c’è il problema di perdere parte dell’autonomia nella gestione dei confini, e il timore di interferenze sull’accordo con la Libia per frenare gli sbarchi.