di Romano Bartoloni
Contro i luoghi comuni sul conto degli italiani e della sua classe politica, il Paese si aggrappa all’Europa nella speranza/fiducia di salvarsi dalla propria crisi esistenziale. Lo assicura l’ultimo rapporto CENSIS, il Centro studi investimenti sociali fondato nel 1973 e che fotografa ogni anno lo stato di salute della nostra società. Che appare ansiosa e macerata dalla sfiducia e dalla insicurezza nel presente e nel futuro sotto colpi pesanti e duri da metabolizzare con la fine del benessere: redditi e retribuzioni sempre più bassi, consumi asfittici, scure fiscale, sbrindellata la rete del welfare, perduti i pilastri storici della famiglia come il mattone e i BOT, i titoli di Stato.
Come si reagisce? Nel rapporto si parla del malessere della parte bassa della scala sociale di “attesa messianica dell’uomo forte che tutto risolve”. “Il 48,2% degli italiani (il 67% degli operai, il 62% dei soggetti meno istruiti e il 56,4% delle persone con redditi bassi) dichiara che ci vorrebbe un uomo forte al potere”. Tuttavia, non si disdegnerebbe soprattutto in casa dei benestanti “un maggiordomo forte” (ndr) al servizio dei propri bisogni. Nonostante “la scomparsa del futuro nel quotidiano” cresce un recupero di aspettative nell’Europa.
Pilotato o meno, l’interrogativo che più circola da qualche tempo, è se “il nostro futuro debba essere con o senza l’Unione europea?”. La maggior parte degli italiani “si dichiara contraria a fare un passo indietro su tre questioni che avrebbero un impatto decisivo sulla nostra presenza in Europa: il 61,3% degli italiani dice no al ritorno della lira che segnerebbe la fine della moneta unica (i favorevoli sono il 23,9%); il 61,7% è convinto che non si debba uscire dall’Unione europea tornando alla piena sovranità nazionale (mentre è favorevole il 25%); meno netta è la posizione riguardo alla riattivazione delle dogane alle frontiere interne alla Ue, con il 49,1% della popolazione che si dice contraria a creare ostacoli alla libera circolazione delle merci e delle persone, mentre il 32,2% sarebbe d’accordo”.
Secondo il CENSIS, oggi l’Italia gioca in Europa il proprio destino economico, esportando nei Paesi appartenenti alla Ue quasi 91 milioni di tonnellate di merci l’anno (il 60,9% dei quantitativi complessivamente venduti all’estero), per un controvalore di oltre 260 miliardi di euro, che rappresentano il 56,3% del valore delle merci esportate complessivamente. Accanto all’Europa delle imprese c’è l’Europa della gente. Gli italiani che risiedono negli altri 27 Paesi della Ue sono 2.107.359 (mentre i cittadini Ue che vivono in Italia sono 1.583.169): sono aumentati del 12,2% negli ultimi tre anni e rappresentano il 41,2% degli oltre 5 milioni di italiani che vivono all’estero. Circa il 90% degli italiani che hanno scelto l’Europa vive in soli 5 Paesi: Germania, Francia, Regno Unito, Belgio e in Spagna, e ovunque sono in aumento soprattutto in Gran Bretagna e i Spagna.
Ma è nella possibilità di viaggiare e di studiare altrove che i nostri connazionali esercitano al meglio la capacità di sfruttare lo spazio comune: nel 2018 gli arrivi di viaggiatori italiani nel Paesi della Ue sono stati oltre 38 milioni, in crescita dell’8,7% nell’ultimo triennio, per un totale di quasi 158 milioni di giorni di permanenza (più 7,5% negli ultimi tre anni)