I segreti del Mes. Gli obbiettivi, perché fa paura

A cura della redazione

Questa che è segue è una “guida” a domande e risposte che vuole chiarire, nel modo più semplice possibile, gli aspetti più delicati del Mes, o Fondo salva-Stati. Senza essere esaustivi, perché i meccanismi sono effettivamente complicati, ma per permettere di avere un’informazione sufficiente a farsi un’opinione e a capire molto di quello che si sta dicendo in giro. In molti saranno rimasti sorpresi nel vedere che anche gli economisti fanno dichiarazioni molto diverse in materia (anche noi siamo rimasti sorpresi!). Chi rassicura, chi parla di pericolo. Ma è probabile che un esperto sia pure indirizzato a valutare gli aspetti tecnici, che sono di principio uguali per tutti i Paesi dell’Eurozona.

Ma le differenze ci sono, eccome: già conta come differenza il diverso “peso economico” tra Paesi in base al valore delle singole economie, ma contano anche le condizioni in cui queste si trovano. Il fattore dell’elevato debito pubblico è un elemento fortemente condizionante, ma ci sono anche altre situazioni che non sono strutturali ma possono avere delle conseguenze, come ad esempio il possesso delle banche di titoli di Stato di quel Paese che chiede aiuto al Mes. Poi c’è anche il contesto politico, che ha un forte peso, perché condiziona i mercati per l’affidabilità del governo così come è percepito dagli investitori. Quindi forse le differenze di valutazione degli economisti dipendono da fattori che non sono strettamente economici. Naturalmente, è probabile che una volta approvata la riforma non se ne parli più anche per tanti anni. Forse anche fino ad un’altra riforma. Ma il “meccanismo” resta, e non è affatto detto che non condizioni i mercati anche solo per il fatto che esista.

 1) Che cos’è il Mes?

Il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) è un’organizzazione intergovernativa europea nata nel 2012 come Fondo finanziario europeo per la stabilità finanziaria della Eurozona. Il capitale iniziale è stato di 80,5 miliardi ma la sua potenzialità è di 705 miliardi, la somma di quanto può arrivare a capitalizzare emettendo dei bond.

2) Qual è il suo compito?

Al Mes è affidata l’assistenza ai Paesi che fanno parte dell’Eurozona in difficoltà finanziaria che hanno bisogno – e chiedono – aiuto. Semplificando, aiuta acquistando Titoli di Stato di un determinato Paese quando questo – non avendo fiducia da parte dei Mercati- non riesce a venderli.

3) Perché è chiamato “Fondo Salva-Stati”?

Perché i casi di emergenza finanziaria sui quali interviene sono quando lo Stato che chiede aiuto è in difficoltà estrema sui mercati al punto da ipotizzare il fallimento.

4) Chi guida il Mes?

 Il direttore del Mes fin dalla sua costituzione è Klaus Regling, tedesco, e ha il compito di gestire gli affari correnti. Regling era già a capo del precedente fondo Salva- Stati nato due anni prima, nel 2010. Alle sue dipendenze lavorano circa 160 persone. Il segretario generale è un italiano, Nicola Giammarioli. La sede del Mes è in Lussemburgo.

5) Come si finanzia il Fondo?

Ogni Paese contribuisce al Fondo in proporzione al proprio Prodotto interno lordo. L’Italia ha versato 14 miliardi e 300 milioni di euro, è il terzo contributore dopo Germania e Francia.

6) Che cosa si intende con Eurozona?

È quella parte dell’Unione europea di cui fanno parte i 19 Paesi che hanno adottato la moneta unica (l’euro)

7) Quali sono i Paesi che già hanno ricorso al fondo Salva-Stati?

Spagna, Portogallo, Grecia, Irlanda, Cipro, che sono ancora creditori del Mes. I prestiti ricevuti sono (compreso il fondo salva-Stati che ha preceduto per due anni il Mes): Grecia 203,8 miliardi; Spagna 41,3; Portogallo 26; Irlanda 17,7; Cipro 6,3.

8) Perché si considera necessario riformare il Mes?

Secondo Regling, la riforma è resa necessaria per aiutare Paesi più grandi di quelli per cui si è intervenuto in passato. A partire dal 2017 in sede europea si è iniziato a discutere di come rivedere il Trattato istitutivo. Le trattative di cui si parla sono quindi quella sulla riforma del Fondo, che esiste già ma si vuole cambiare.

9) Come si riforma il Mes?

Ci vuole l’unanimità. Questo rende difficile approvare una riforma, ma rende molto difficile anche cambiarla.

10) È vero che l’Italia aveva già sottoscritto la riforma?

Nel giugno scorso c’è stato un accordo all’unanimità dei 19 rappresentanti di governo sul testo di riforma. Ma non è corretto dire che l’Italia l’avesse sottoscritto, perché come per tutti gli altri Paesi l’intesa non è valida se non è ratificata dal Parlamento.

11) La riforma era “una trattativa segreta”, come si è anche detto in questi giorni in Parlamento?

È vero che la trattativa tra governi avviene in modo non pubblico, ma il testo con le linee su cui si trattava era pubblico, e recuperabile sul sito del Consiglio dell’Unione europea già da un anno.

12) Quale era il vincolo parlamentare che era stato dato al Governo Conte 1?

Nel giugno scorso la maggioranza che ha dato vita al governo Conte 1 (Cinque Stelle con la Lega) ha approvato una risoluzione vincolante sul rifiuto di automatismi e percorsi “predefiniti” sui percorsi di ristrutturazione. L’allora ministro dell’Economia Tria durante una trattativa notturna è riuscito a far togliere il passaggio che prevedeva un automatismo. Il testo però, presentato il 19 giugno scorso da Riccardo Molinari e Francesco D’Uva, rispettivamente capigruppo alla Camera di Lega e 5 Stelle, indicava nello specifico: l’impegno a non approvare modifiche che prevedessero “condizionalità” tali da “penalizzare quegli Stati membri che più hanno bisogno di riforme strutturali e di investimenti”, e che minassero “le prerogative della Commissione Ue”; ’impegno a promuovere “una valutazione congiunta dei tre elementi del pacchetto di approfondimento dell’unione economica e monetaria, riservandosi di esprimere la valutazione finale solo all’esito della dettagliata definizione di tutte le varie componenti del pacchetto”; l’impegno “a render note alle Camere le proposte di modifica al trattato Mes, elaborate in sede Ue, al fine di consentire al Parlamento di esprimersi con un atto di indirizzo e, conseguentemente, a sospendere ogni determinazione definitiva” fino a nuova pronuncia parlamentare.

13) L’Italia ha ottenuto un rinvio. È l’unico Paese ad averlo chiesto?

No, l’hanno chiesto anche altri Paesi tra cui la Francia. Alcuni hanno sollevato questioni formali, Parigi addirittura un problema costituzionale sui dettagli delle clausole di azione collettiva riguardo a un’eventuale ristrutturazione del debito pubblico del Paese che chiede aiuto. Un rinvio in ogni caso era necessario, perché la traduzione dei testi legali nelle diverse lingue comporta di solito tempi lunghi, anche di settimane.

14) Il “mandato pieno” affidato al Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri per trattare la mediazione su un nuovo accordo, cosa comporta?

Comporta che a Gualtieri è affidata la trattativa, ma non cambierà il passaggio di legge al Parlamento che avrà l’ultima parola.

15) Il Trattato è “inemendabile” come è stato detto?

No, anche se probabilmente la trattativa proseguirà su dettagli. Il termine inemendabile è stato attribuito al ministro dell’Economia Roberto Gualtieri che in audizione in Parlamento ha affermato che “il testo del trattato è chiuso”. In realtà la riforma del Trattato si può cambiare, ma più che altro in teoria. Perché ogni richiesta di modifica su un accordo raggiunto all’unanimità tra 19 Paesi, richiede una nuova unanimità che però riaprirebbe i giochi per altre richieste: e quindi quando si dice “non si può cambiare” si intende questo: non è ragionevolmente praticabile.

16) Quindi il rinvio chiesto e ottenuto dall’Italia non serve a nulla?

No, si può incidere sulle clausole che sono previste in alcuni documenti collegati al Trattato che potrebbero attenuare le conseguenze in caso di ristrutturazione del debito. E l’Italia può chiedere di legare il trattato ad altri accordi, come quello sull’Unione bancaria e sull’Unione monetaria (ci si riferisce a questo quando si parla di “pacchetto”). Molti sostengono che però, a questo punto, la trattativa potrebbe portare anche condizioni peggiori per bilanciare le richieste italiane.

17) I singoli Paesi hanno un potere di veto?

Una volta raggiunto l’accordo, il potere di veto ce l’ha il Parlamento che può bocciare la riforma del fondo salva-Stati. I commenti dei sostenitori dell’accordo, che parlano di “figuraccia” rispetto all’Europa, in realtà dimenticano che già in passato ci sono stati voti dei singoli Parlamenti difformi da accordi presi dai rispettivi governi

18) Quando avverrà l’accordo?

Il presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno (è portoghese) ha detto che avverrà “molto presto l’anno prossimo”. Quel “molto presto” ha fatto pensare a gennaio, ma sarà sicuramente dopo. L’Italia potrebbe sottoscriverlo con riserva.

19) Che cosa potrebbe succedere se l’Italia non sottoscrive l’accordo?

Gli altri Paesi potrebbero decidere di firmarlo anche senza l’Italia, trattandosi di un trattato intergovernativo. Ma si tratta di uno scenario possibile, non probabile.

20) Perché non interviene la Banca centrale europea quando un Paese dell’Eurozona è vicino al dissesto?

La Bce non può farlo per Statuto. Nei fatti il Fondo Salva-Stati è chi fa un prestito “in ultima istanza”.

21) Qual è il senso politico di questa riforma?

Si vuole contrastare la tentazione di uno Stato di non rispettare i limiti di bilancio imposti dall’Europa. Poi decideranno comunque gli Stati che prestano i fondi di sostegno.

22) Cosa sono le Cacs?

Sono le clausole di azione collettiva, che vengono riformate. È il meccanismo tecnico di risoluzione del debito pubblico. Funziona così: a partire dalle emissioni del 2022, si passa dalla doppia votazione alla votazione singola per la ristrutturazione del debito sia nel totale che nel singolo titolo. Sarà sufficiente la maggioranza del totale dei detentori del debito pubblico cosicché eventuali maggioranze nelle varie sottocategorie di detentori del debito non avranno più la possibilità di porre un veto.

23) Qual è la forma di aiuto finanziario del Mes e quali sono le condizioni per ottenerlo?

Il Fondo Salva Stati presta soldi. Li concede con forme diverse di intervento. Se si tratta solo di “linee di credito precauzionali”, in casi considerati poco gravi, la concessione del prestito può avvenire senza reali difficoltà. Ma il caso più di scuola prevede un incontro a tre (Commissione europea, Fondo salva-Stati e Paese che chiede aiuto) nel quale il prestito viene concesso solo a fronte di una serie di riforme e di pesanti interventi sul debito pubblico del Paese richiedente.

24) Il prestito va restituito?

Naturalmente. È un prestito. Le condizioni sono a tassi bassi, e la restituzione può avvenire a lunghissima scadenza. Ma il prestito potrebbe non essere concesso se il Mef, affiancato dalla Commissione europea, ritenesse che il Paese che ha chiesto il prestito potrebbe essere insolvibile.

25) Quando un Paese può essere considerato a rischio insolvibilità?

Essenzialmente quando ha un debito pubblico non sostenibile.

26) Quando un debito pubblico è sostenibile?

Un debito pubblico può essere sostenibile anche quando è molto elevato come quello dell’Italia. La sostenibilità è data da altre condizioni: dalla fiducia dei mercati; dalla stabilità dell’economia; quando un Paese riesce a finanziare il proprio debito a tassi ridotti; quando è riuscito a fare delle riforme (ad esempio, la Riforma Fornero sulle pensioni) che aiutano a migliorare i conti pubblici in prospettiva.

27) Il debito pubblico dell’Italia è sostenibile?

È ragionevole considerare il debito pubblico dell’Italia in situazione critica. Regling, il “capo” del Mes, in una dichiarazione di qualche giorno fa alla stampa, ha detto: “Non mi aspetto che l’Italia abbia bisogno di noi” aggiungendo: “Non c’è un rischio immediato” sulla sostenibilità del debito italiano, perché il debito in rapporto al Pil è rimasto quello di una decina di anni fa. Ma non nega il problema in prospettiva.

28) Chi fa la valutazione di sostenibilità?

La Commissione europea e il Mes in quanto supporto tecnico. Questa è un’altra novità: prima la Commissione europea decideva da sola, e quindi poteva dare una valutazione politica e di opportunità. Il Mes invece può spingere verso la richiesta di ristrutturazione del debito. Di fatto, vale più il parere dell’organo tecnico (anche se su quest’ultima considerazione ci sono pareri diversi tra gli esperti).

 29) Qual è il problema più controverso?

Quello dell’eventuale ristrutturazione del debito pubblico del Paese che chiede aiuto. Avendo l’Italia un debito pubblico elevato, chi avversa l’accordo teme che possa essere chiesto a Roma la ristrutturazione del debito. L’articolo 12 del Trattato infatti stabilisce che può essere presa una “forma adeguata e proporzionata di partecipazione del settore privato”.

30) Che cosa comporta la ristrutturazione del debito pubblico?

Il debito pubblico verrebbe ridotto, e questo può sembrare positivo. Il fatto è che avverrebbe a scapito del valore dei titoli di Stato, che per una loro parte non sarebbero più rimborsabili. Si trattererebbe di una svalutazione del valore di questi titoli. Questo comporta una serie di problemi, primo fra tutto l’aumento dei tassi d’interesse sui Titoli di Stato perché così chi li compra si tutela rispetto alla possibile perdita di valore. E quindi quello che il Paese in difficoltà guadagna tagliando il debito lo perde in maggiori interessi (e politicamente in credibilità: quindi danni importanti).

31) La ristrutturazione del debito è automatica?

No, non ci sono automatismi. E comunque è contemplata come caso eccezionale. Ma il fatto che sia in qualche modo disciplinata, rappresenta un rischio. Perché diventa una situazione prevista, e quindi in grado di condizionare i mercati a spese del Paese che chiede l’aiuto. Oltretutto la ristrutturazione probabilmente verrebbe condizionata a riforme molto pesanti e impopolari.

32) Qual è la quota di partecipazione dell’Italia nel Mes?

Il 17,7% di capitale versato, che fotografa il peso economico dell’Italia nell’Eurozona. La Germania ha l’economia più importante, e quindi contribuisce più di tutti, con il 26,9%. Questo dato è importante, perché la decisione di chiedere la ristrutturazione che può avanzare il Mef in modo vincolante (anche se l’automatismo non c’è più) serve la maggioranza qualificata dell’85% del capitale. L’Italia è uno dei tre Paesi, con Germania e Francia, che potrebbe porre il veto, superando il 15% del capitale versato. Questo dato percentuale però potrebbe cambiare in caso di ingresso di nuovi Paesi nell’Eurozona, cioè quando nuovi Stati dell’Unione decidessero di entrare nella moneta unica.

33) Che cos’è il backstop?

È una novità di questa riforma. È la rete di sicurezza del fondo di risoluzione delle banche. Si tratterebbe di un paracadute finale comune di circa 60 miliardi di euro in più che interverrebbe quando il Fondo non ha abbastanza risorse per risolvere il problema.

34) è vero che i Cinque Stelle, come ha sostenuto Giorgia Meloni, nel programma elettorale proponevano lo smantellamento del Mes?

Sì, è vero. Non nel programma elettorale in 24 punti programmatici con cui si sono presentati alle Elezioni politiche del 2018, ma in quello a temi. C’è scritto infatti nel documento diffuso dai Cinque Stelle che il Movimento “in particolare si impegnerà alla liquidazione del MES (Fondo “Salva Stati”)”. Aggiungendo: “liberando in tal modo gli Stati dalla necessità di adeguarsi alle “rigorose condizionalità” imposte attraverso decisioni prese in contrasto con i principi democratici dagli organismi sovranazionali che formano la cosiddetta “Troika”.

35) Che cos’è la “logica di pacchetto”?

Ne hanno parlato più volte Conte e gli altri leader politici: si tratta della possibilità di arrivare a un’intesa in contemporanea ad altri accordi, come ad esempio l’Unione bancaria. Ci sono provvedimenti vantaggiosi per l’Italia, come l’assicurazione europea sui depositi bancari che sarebbero tutelati in caso di fallimento della banca dove sono custoditi. In realtà poi nella risoluzione approvata questo dicembre, il governo potrà trattare un “pacchetto graduale”, quindi di fatto non è più un pacchetto. È spacchettato.

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