di Romano Bartoloni
In Europa, in Italia, ovunque, quando ci risveglieremo dall’incubo virale nulla sarà come prima anche per il giornalismo che ha operato nelle trincee dell’epidemia a rischio della propria incolumità e a costi di sacrifici e di perdite di valorosi. L’emergenza per la stampa ha significato il crollo delle vendite dei giornali, il crollo della pubblicità, la quarantena per tanti coraggiosi che si sono esposti pur di compiere il proprio dovere di informare.
Mai, come di questi tempi straordinari, il giornalismo sta svolgendo un essenziale servizio pubblico per il pubblico secondo solo all’eroico contributo del sistema sanitario. Il “restare tutti a casa” per contrastare il dilagare del Coronavirus ha provocato un radicale cambiamento culturale nei modi di operare nelle imprese, nel pubblico e privato, coinvolgendo i mass media in una nuova dimensione operativa. L’emergenza ha lanciato su larga scala l’operazione Smart Working, un agile modello organizzativo del lavoro che concilia i tempi della produzione con i tempi della vita privata, e si adegua a circostanze una volta inimmaginabili, e che può diventare un patrimonio da non disperdere, anzi da sperimentare con equilibrio un domani quando, si spera, si sia imparata la lezione di questi giorni. L’Osservatorio del Politecnico di Milano lo definisce “una nuova filosofia manageriale fondata nella restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una responsabilizzazione sui risultati”. Come se non bastassero le ansie e le apprensioni delle popolazioni in all’erta quotidiano, la disinformazione generata da mestatori di zizzania e da truffatori in cerca di facile visibilità ha messo il carico da 11 nei social e nelle chat per provocare allarmismi, panico, ribellismo con una serie di bufale e di fakenews su fantomatiche terapie, cure miracolose, monete infette, screening a domicilio di imbroglioni, complotti di untori, armi batteriologiche. Il Governo, il ministero della sanità, la Protezione civile si affannano a smentire, a mettere in guardia contro questa piaga terroristica. Addirittura a palazzo Chigi si intende costituire una task force contro le fakenews, rafforzando il ruolo della polizia postale per stroncare la catena di fonti tossiche che avvelenano i social. Anche le organizzazioni dei giornalisti si stanno attrezzando con Osservatori di denuncia e di controllo. L’informazione influenza la nostra vita e la nostra sicurezza, e non può e non deve essere manipolata a vili scopi di contropotere.
Non saranno le task force e gli osservatorii a sostenere la guerra contro la micidiale opera di disinformazione, ma i cronisti, i freelance, quanti sfidano i pericoli del momento nello scendere in strada e nell’affrontare le fonti a quattro occhi e in presa diretta. Fuori dagli obblighi e dai vincoli di orari e di redazione, non tutti si rifugiano in casa sulla difensiva, in molti potenziano le opportunità di iniziativa offerte dallo smartworking che è diventato e lo potrà diventare sempre di più in futuro un mezzo alternativo per dedicarsi con maggior tempo e autorevolezza alla caccia e alla verifica delle notizie. Purché siano rispettate le regole del gioco, le norme contrattuali, e non si ricorrano a pretesti aziendali per alterare i rapporti di lavoro. Il giornalista non è in vacanza, anzi è investito di maggiori responsabilità agendo in piena autonomia fuori dalle mura redazionali. Il boom della disinformazione sulla nostra pelle in questa ora buia potrebbe aprire finalmente tanti occhi e far passare la sbornia della supremazia degli algoritmi sulla professionalità dei giornalisti, recuperare il terreno di affidabilità e di indipendenza perduti sotto il dominio e l’invadente prepotenza della rete e del potere dei suoi mallevadori, riallacciare le file della cronaca con i fatti vagliati e valutati di prima mano, garantire dignità economica e tutele alle nuove leve di giornalisti che testimoniano sul campo il loro valore. Si offre la rara occasione di riscattare l’informazione di qualità, e restituire autentiche certezze e fiduce all’opinione pubblica. Persino nel Palazzo, messo alle strette da una morsa senza precedenti di difficoltà di comunicare e di rendersi credibile, stanno riscoprendo, anche se a denti stretti, il giornalismo e la sua funzione di mediazione e di servizio di pubblica utilità che dovranno essere riconosciuti con atti tangibili con il ritorno alla normalità.