di Antonella Blanc
Lunghe telefonate. Con il presidente francese Emmanuel Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel. Il premier italiano Giuseppe Conte è stato lasciato fuori dai protagonisti nella trattativa che ha portato l’accordo franco-tedesco al tavolo della Commissione europea. Qualcuno ha attribuito a Macron il consiglio a Conte di restare dietro le quinte: troppo esposta l’immagine dell’Italia, con il suo imbarazzante debito pubblico e con il suo lungo pregresso di mancata crescita. Ma Conte, che in Europa ha finora dato buona prova di sé (anche nella “prima versione”, quella del governo con la Lega), ha capito bene come gestire questa partita, e si è certo fatto da parte di buon grado. Lasciando trapelare solo la sua posizione: “Serve più ambizione”. Che diverrà poi, a risultato ottenuto: “È andata molto bene, però aspettiamo a festeggiare. Il negoziato sarà difficile, e si deve fare presto”.
Il risultato ottenuto, dopo un inaspettato rilancio della Commissione, è effettivamente superiore alle aspettative. Ai 500 miliardi di sussidi previsti dall’accordo franco-tedesco la Presidente Ursula von der Leyen, certamente dopo essersi consultata con la cancelliera tedesca Angela Merkel di cui è amica oltre che collega di partito nei cristiano-democratici in Germania, ha aggiunto una quota di 250 miliardi in prestiti agevolati. Questi interventi valgono oltre 172 miliardi per l’Italia (di cui 82 in sussidi, il resto in prestiti), che a questo punto diventa il Paese più “premiato” dal massiccio intervento contro la crisi. Intervento che si aggiunge agli interventi vari, già decisi, per altri 540 miliardi. Si tratta di una manovra economica senza precedenti, accolta con toni entusiasti dai protagonisti. Ma anche la pandemia di coronavirus, e le sue conseguenze sull’economia, sono un fatto senza precedenti. Paolo Gentiloni, Commissario per l’Economia, ha parlato di “svolta europea”. Ursula von der Leyen, la Presidente della Commissione ha usato parole solenni: “Questo è il momento dell’Europa”.
Cosa succederà ora? Quando si parla di risultato si dovrebbe far riferimento a quello finale, e ancora non ci siamo. Ci aspetta una lunga trattativa che farà slittare l’approvazione di diverse settimane. Ci vorrà l’unanimità, quindi è possibile che Ursula von der Leyen abbia voluto rinforzare i margini di trattativa. Conte fa capire che sarà già un bene se i finanziamenti saranno disponibili entro la fine dell’anno.
Austria e Paesi Bassi si sono già dette contrari. Con Danimarca e Svezia compongono il quartetto dei “frugali”. Chiedono condizioni stringenti, non vogliono sentir parlare di sovvenzioni a fondo perduto.
Conte in questi giorni ha fatto un’altra telefonata, a Mark Rutte, premier dei Paesi Bassi, e sarebbe durata circa un’ora. Palazzo Chigi, nella sua ufficialità, è quasi divertente perché definisce il colloquio “uno scambio di vedute telefonico”. Conte avrà certo rappresentato al suo omologo un do ut des. Spiegando che in caso di desistenza olandese l’Italia avrebbe approvato i rebates, gli “sconti” per i Paesi Bassi. Che cosa sono gli sconti? Sono un trattamento differenziato nei pagamenti al bilancio dell’Unione concessi proprio ai Paesi “frugali” e alla Germania. Tutto nasce dagli “sconti” ottenuti dalla Gran Bretagna quando primo ministro era Margaret Thatcher. La “lady di ferro” chiese e ottenne degli sconti su quanto la Gran Bretagna versava nelle casse dell’Unione in base a due considerazioni
. Un contributo era in percentuale sull’Iva, e il Regno Unito era lo Stato più esposto. Poi c’era la considerazione che l’Unione europea all’epoca finanziava soprattutto l’agricoltura, comparto quasi marginale per Londra. Ottenuti gli sconti dalla Gran Bretagna c’era da caricare su gli altri Paesi membri quello che da Londra non arrivava più. E così altri Stati, e proprio quelli più ricchi (che quindi versavano di più) chiesero uno “sconto sugli sconti”.
La Gran Bretagna ora ha lasciato l’Europa ma la filosofia degli sconti è rimasta. Sia sull’Iva versata, sia sui versamenti generali. Se ci sono Paesi che beneficiano di sconti ci sono anche Paesi che dall’Europa ricevono più di quello che versano (gli Stati dell’Est). Francia e Italia non hanno invece mai ottenuto “sconti”.
E ora c’è una resa dei conti. Che forse farà pentire Amsterdam, più che Vienna, della sua rigidità. Perché potrebbero entrare nel dibattito le migliori condizioni di carattere fiscale dei Paesi Bassi. Può darsi che alla fine i “frugali” cedano. Oppure trattino condizioni su come ottenere i fondi. È sicuro che questi finanziamenti saranno vincolati, e questo è anche un bene, a obbiettivi precisi. Dal Nord Europa premono perché Italia e Spagna facciano delle riforme che blindino i conti pubblici. Ma alcune di quelle riforme che l’Europa propone rischiano di fermare lo sviluppo economico. Un programma di riforme Conte lo ha già in mente. Se riuscirà a sburocratizzare lo Stato otterrà un risultato formidabile. Quello che sarà da chiarire sono le condizioni di sovvenzioni e prestiti. Per questi ultimi l’idea è di rimborsi a lunghissima scadenza (fino al 2058). Le obbligazioni verranno garantite dall’Unione europea, e questo consentirà tassi molto bassi. A beneficio dell’Italia che li dovrà rimborsare. Ma l’Italia paga. Ha sempre pagato. Ed è bene che acceda agli stessi tassi d’interesse applicati alla Germania. È l’unico modo per far fronte al suo straordinario debito. Viceversa, gli aiuti all’Italia rinforzeranno la sua posizione nell’eurozona, cioè tra i Paesi che hanno scelto la moneta unica. Il ruolo di Angela Merkel ancora una volta sarà decisivo. Bisognerà vedere cosa concederà, ai “falchi” ma anche a Spagna e Italia. Dopo gli entusiasmi di oggi, aspettiamo le condizioni di domani.