di Roberto Mostarda
“Spazio ….. ultima frontiera. Questi sono i viaggi dell’astronave Enterprise diretti alla scoperta di nuovi mondi e per arrivare là …. dove l’uomo non è mai arrivato prima”! Con queste parole si aprivano le puntate di Star Trek e le avventure del capitano James Kirk e del suo equipaggio negli anni Sessanta in cui si immaginava un mondo nel quale, superati gli affanni, le guerre e le divisioni, l’umanità sollevava gli occhi al cielo per andare alla ricerca di sé e del senso della vita. Artigianali, quasi divertenti le prime serie, poi nel corso dei decenni sino agli anni ’80 e ’90, l’avvento delle nuove tecnologie cinematografiche ha rivoluzionato gli oggetti, le navi stellari, gli effetti spettacolari dell’esplorazione delle nebulose, degli ammassi stellari, di altri pianeti. Dagli spaventosi abitanti di mondi alieni si è man mano affermata una descrizione più umanizzata anche nelle inevitabili differenze di specie evolutesi in pianeti e costellazioni lontanissime. Donne e uomini, specie di ogni genere, hanno affollato lo schermo in contrasto o in reciproca conoscenza tra civiltà una volta irraggiungibili. Non stiamo naturalmente occupandoci della fantascienza astronautica ma di come strumenti, conoscenze, visioni, capacità dell’umanità si siano in modo inaspettato sviluppate al punto di colmare molta parte della distanza tra le visionarie avvenute di Kirk e dei suoi epigoni sempre legati alla Confederazione dei pianeti e in perenne ricerca del nuovo, e le idee, gli scenari, le ipotesi e le reali possibilità che l’uomo di questo secolo ha raggiunto e sta cominciando a mettere al servizio della conoscenza dello spazio intorno a noi e degli altri pianeti che con la Terra fanno corona al Sole, la nostra stella di media grandezza ma così importante per la vita e fonte di continue scoperte su ciò che è l’Universo, immenso e imperscrutabile al quale l’umanità guarda però da millenni, senza sosta. E ancora con l’occhio sempre più lontano verso le origini dello stesso Universo e della domanda di fondo che accompagna l’uomo senza mai ottenere risposta definitiva ma dando impulso e passione alla conoscenza senza confini. Certo il nostro mondo è ancora piagato, ricchissimo in alcune parti, poverissimo in altre, guerre, divisioni, odi, rancori, pandemie non ci fanno apparire come quella umanità di scienziati e ricercatori che volava verso le stelle sulle ali di una fantasia sempre meno fantastica. Eppure, senza ammetterlo e senza accorgercene, stiamo costruendo un possibile scenario futuro dove lo spazio si manifesterà veramente come la nuova frontiera verso la quale dirigerci. Non solo per le difficoltà e i pericoli che minacciano il pianeta, ma forse perché consapevoli di voler avere o sperare di avere un piano “b”, una seconda possibilità di vita negli scenari più foschi non più tanto fantascientifici. Ecco allora che quel domani, per certi versi è forse già un po’ ieri e ci stiamo attrezzando per quel che sarà. Potremmo dire che è questa la chiave di lettura di quanto sta avvenendo a livello di scienza e tecnica mondiale nell’ottica dei viaggi interplanetari e in futuro anche interstellari.
Uno sguardo ampio come il cosmo, potremmo dire, che è stato al centro di una conference promossa dal Rotary Roma Nord Est e che ha permesso di fare qualche volo pindarico ma non troppo con l’ingegnere elettronico Agata Basile. Dal 1990 al 1995 in Alenia Spazio dove ha progettato l›antenna ERS2 per il monitoraggio dei parametri della Terra come la presenza di CO2, il buco dell›ozono, lo scioglimento dei ghiacciai, dati che hanno dato origine ai patti di Kyoto. Ha quindi contribuito alla progettazione e costruzione dell›antenna Inter Orbit Link sul satellite Artemis commissionata dall›ESA per lo scambio dati tra la Terra e la Piattaforma Internazionale utilizzata di recente anche per la missione SPACE X. Proprio quella che qualche settimana fa ha riportato sulla ISS due astronauti americani dopo la lunga interruzione dei voli della Nasa a conclusione della stagione degli Shuttle. Un contributo che ha avuto il fattivo ringraziamento dai responsabili del progetto Space X (la società privata guidata da Elon MUSK) rivolti all’ESA proprio per il supporto alle comunicazioni consentite dal Satellite Artemis Drs e alla sua antenna trasmittente. L’ing. Basile, oggi, lavora in TIM e si occupa di progetti di telemedicina La corsa allo spazio nelle copertine di Time con l’ausilio della tecnologia 5G e di quello che si chiama Internet of Thingk, ovvero delle cose. Un altro tipo di spazio, anche esso da scoprire e valorizzare per la vita sulla Terra. Il 30 maggio scorso – ci ha sottolineato nel suo intervento – è stata segnata una data epocale per l’avventura dell’uomo nello spazio.
Il lancio della capsula Crew Dragon della Space X dallo storico sito di Cape Canaveral in Florida e dall’altrettanto mitica rampa 39° del Kennedy Space Center, ha infatti riaperto le strade del cosmo agli Stati Uniti dopo il passo d’arresto seguito – all’indomani di ripetuti tragici incidenti – nei lanci degli Space Shuttle fermi dall’8 luglio del 2011. E ha segnato anche un altro importante elemento prospettico, la collaborazione tra pubblico e privato in un settore ad altissimo livello tecnologico e nel quale si disegneranno molte delle vie del futuro anche prossimo. Gli astronauti statunitensi, Doug Hurley e Bob Behnken, hanno infatti raggiunto la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) a bordo di una capsula lanciata da un vettore prodotto dall’industria aerospaziale privata del miliardario visionario Elon Musk, quello per intenderci delle vetture elettriche Tesla. In un certo senso hanno inaugurato l’era dei viaggi a pagamento verso lo spazio. Obiettivo ancora molto ristretto e per tasche non comuni, ma basta pensare che a fine Ottocento nessuno intravedeva con convinzione l’uso dell’automobile che ha rivoluzionato la vita dell’umanità e il modo di muoversi. E senza questo passo non si sarebbe neppure potuti arrivare agli aerei che solcano i cieli mondiali ed oggi ai lanci di satelliti e altri strumenti che stanno rivoluzionando il modo stesso di comunicare oggi e muoverci in un domani sempre meno lontano. Nel corso della conference l’ing. Basile ha analizzato il valore della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) – per alcuni ormai obsoleta e che si pensa di sostituire – un programma multinazionale, gestito dalla NASA che, per vincoli di bilancio nel 1993, ha condiviso il progetto con la stazione MIR-2 sovietica (poi russa), la stazione europea Columbus e il modulo di laboratorio giapponese Kibō. Quella che vola sopra le nostre teste ogni giorno e più volte e’ una struttura lunga 100 m, che percorre un’orbita bassa a 410 km di altezza, e ruota attorno la terra a una di velocità di 27.600 km/h. E’ oggi composta da 15 moduli pressurizzati, da pannelli solari (256 kw e 16 accumuli da 8kw) e altri componenti, che sono stati realizzati in varie fabbriche in tutto il mondo e lanciati dai razzi russi Proton e Soyuz e dalle navette spaziali statunitensi. Sono passati sessant’anni da quando l’Urss inviò verso il cielo il primo uomo, Yuri Gagarin, per compiere un giro completo attorno la terra con la navicella Vostok con rientro vicino a Mosca e dopo una serie di sperimentazioni precedenti con lo Sputnik nel 1957 e il volo della cagnetta Laika, primo astronauta del mondo animale. L’anno successivo, nel 1962, si avviava per così dire la corsa allo spazio con l’invio intorno alla Terra dell’astronauta statunitense John Glenn, il secondo uomo a realizzare un volo orbitale nello spazio con un uomo.
Da allora i passi sono stati da gigante e solo sette anni dopo, in stile Star Trek, con la missione Apollo 11, l’umanità mise per la prima volta il piede su un altro corpo celeste, la Luna, il nostro satellite. invia il primo uomo sulla luna Neil Armstrong. L’evoluzione dei voli spaziali ha poi avuto un altro grande settore, quello delle missioni dirette sugli altri pianeti del sistema solare e via via verso i confini di esso, verso la misteriosa nube di Oort che circonda il nostro angolo di spazio e poi anche oltre: dunque là dove l’occhio umano non era mai arrivato prima. Russi e americani, oggi non sono più soli, l’Europa con l’Esa ha ruolo e presenza ormai consolidata nella ricerca spaziale, alla quale si affacciano da decenni anche tutti gli altri grandi paesi emergenti, come la Cina e l’India. Altro capitolo importante, il cambio di paradigma da parte degli Usa. Perché si è arrivati al nuovo sistema di cooperazione pubblico-privato? Sottolinea Basile, oltre ai tragici incidenti che hanno creato una forte preoccupazione nell’opinione pubblica, si è trattato anche di una questione di natura finanziaria. L’8 luglio 2011 e’ stato lanciato l’ultimo Space Shuttle dopo due tragici incidenti con conseguente dismissione degli investimenti NASA dei lanci per costi elevati e apertura ai privati per la costruzione delle navette e nel 2014, Space X con la Crew Dragon e Boeing con la Starliner si aggiudicarono il corposo contratto di sei voli ciascuno per il trasporto degli astronauti americani. Il risultato di questa linea la partenza verso l’Iss del 30 maggio scorso. Con l’aiuto privato, in questo caso di Elon Musk, è diminuita e quasi annullata la dipendenza dai voli spaziali russi con consistente risparmio di risorse: in passato sono stati, infatti, necessari 4 miliardi di dollari per questi «passaggi». La NASA, infatti, dal 2006 a oggi ha acquistato circa 70 posti sulle Soyuz russe per i propri astronauti per mantenere una continua presenza americana sulla ISS. Non che l’oggi sia meno dispendioso, ma sicuramente lo è insieme al ritorno in mani americane dei mezzi di trasporto. Il prezzo per singolo posto sulla capsula di Space X si aggirerebbe a circa 60 milioni di dollari, , 30 in meno del sistema Soyuz.
La capsula di Space X è a tutti gli effetti – aggiunge Basile – la meno costosa della storia dell’esplorazione spaziale americana, I costi di sviluppo della Crew Dragon sono stati infatti pari a 1.7 miliardi di dollari, un miliardo in meno del progetto Shuttle, quindi una scelta di successo della partnership tra NASA e privati. Un capitolo a parte è stato dedicato alle comunicazioni tra Terra e spazio. La capsula è infatti in costante collegamento attraverso i satelliti Tracking e Data Relay, in certo senso figli di Artemis operante dal 1995 . Per le attività di tracking l’antenna IOL in banda S/ka multimodale, realizza infatti, primo collegamento ottico tra satelliti; primo trasferimento su orbita geostazionaria ottenuto con la propulsione ionica e che opera, come centrale di commutazione in orbita, per lo scambio dei dati con satelliti che sono in orbita bassa come il modulo Columbus della la stazione satellitare internazionale (IIS) e il telecontrollo remoto dell’attracco della navicella alla ISS. Da ricordare in questo quadro il supporto fornito dalla base dell‘Agenzia Spaziale Italiana (ASI) dallo Space Center di Malindi in Kenya, che fa parte delle stazioni di tracking che hanno seguito il volo della Crew Dragon verso la stazione spaziale. Siamo pronti allora allo studio dei pianeti e poi delle stelle? I passi sono stati fatti e il cammino è iniziato soprattutto nella predisposizione di sistemi sempre più perfezionati di monitoraggio satellitare delle superfici dei pianeti dedicati alla raccolta di informazioni relative ai parametri bio-geofisici e morfologici da usare in campo scientifico. Informazioni di interesse queste – osserva l’ing. Basile – vengono derivate in modo indiretto da misure di ampiezza, fase e polarizzazione del campo elettromagnetico diffuso da un oggetto che ha una propria conducibilità, costante dielettrica ed eventualmente permeabilità magnetica dipendenti dal tipo di materiale, ottenendo così una mappa di diffusione della zona monitorata. La sonda Cassini, ad esempio, ha confermato l›esistenza di acqua sulla Luna e programmi spaziali successivi sul satellite, anche da parte cinese, hanno confermato l’esistenza di acqua sotto forma di ghiaccio.
Parlando di possibile “turismo” spaziale, poi, è stato sottolineato che le due società assunte dalla NASA in questo settore sono Space X di Elon Musk, che utilizzerà la sua capsula Dragon come veicolo e Boeing, che sta costruendo un veicolo spaziale chiamato Starliner. Le compagnie metteranno a disposizione un conducente privato facendo pagare ai turisti una sorta di «tariffa taxi», certamente non per tutte le tasche. Il viaggio con il soggiorno nella stazione spaziale (ISS), in media, dovrebbe durare 30 giorni e solo due volte in un anno, considerata la lunga preparazione. I primi viaggiatori spaziali potranno essere solo super ricchi: il costo, infatti, per ogni passeggero, si potrebbe aggirare sui 50 milioni di dollari. …. Si potra’ fare turismo anche sui pianeti come la Luna e Marte? Il futuro ce lo dirà presto. Intanto, quasi seguendo le orme di Star Trek, gli Stati Uniti a fine 2019 hanno anche inaugurato la “Space Force”, la forza spaziale, un nuovo corpo (circa 16.000 persone militari e civili) in grado di contrastare le iniziative militari ma anche civili di altre potenze che stanno cercando di affermarsi nello spazio tra cui Russia, Cina ed Europa. La solità umanità al lavoro potremmo dire! Il programma Artemis della NASA, rispetto alle missioni Apollo, prevede che nel 2024 l’equipaggio rimanga sulla superficie lunare per quasi una settimana con l’obiettivo di allungare progressivamente la permanenza degli astronauti sulla superficie del satellite, puntando alla stabilità, nelle aree del Polo Sud che dovrebbe ricevere un’illuminazione quasi costante da ottobre 2024 a febbraio 2025, condizioni ideali per immagazzinare energia solare e studiare tutte le prove tecniche per le missioni umane che ci porteranno su Marte. E, in questo progetto brilla la presenza europea. L’ESA ha infatti raggiunto un accordo con la NASA per il modulo di servizio della navicella Orion, quella che volerà nella missione Artemis del 2024 e porterà il prossimo uomo e la prima donna – evento nell’evento anch’esso epocale – a camminare sulla superficie della Luna. La Orion – queste le notizie più rilevanti – verrà assemblata in Germania con tutti i suoi componenti, realizzati dalla Thales Alenia Space, sub contractor della Airbus Defence and Space, un motore principale, 8 motori secondari, 24 motori per il controllo di assetto, serbatoi per il combustibile e per l’acqua e l’aria necessari a 4 astronauti per 20 giorni, pannelli solari con 11,2 kw di potenza, 6 radiatori per il mantenimento della temperatura interna, vari computer e sensori per la gestione di tutte le funzionalità, collegati da una dozzina di chilometri di cablaggio totale. Il tutto avvolto da un robusto strato di Kevlar per la protezione dai micro meteoriti.
L’ESA sta progettando il Moon Village, insieme al team del MIT e a uno studio di architettura, che inizierà ad essere costruito nel 2030, e che sorgerà nello Shackelton Crater, un’area al Polo Sud lunare che presenta diversi vantaggi perché riceve quasi continuamente la luce solare ed è vicina ai crateri in ombra dove è immagazzinata acqua e gas volatili utili per le attività dell’insediamento. La tecnica costruttiva, ideata dal team ESA consisterà nel prelevare la “regolite” lunare, materiale specifico del satellite, presente in abbondanza per utilizzarla come la materia prima che verrà elaborata dalla stampante 3D e trasformata nell’involucro dell’edificio autoportante. In pratica questo edificio si basa su configurazioni modulari di strutture abitative, integrate con numerosi sistemi di attracco, controllo ambientale e sistemi di supporto vitale come attrezzature sanitarie, radioprotezione. Una singola unità offre un volume abitabile netto fino a 390 metri cubi, che integra un sistema multistrato per la protezione ambientale. Valentina Sumini, architetto dello spazio, lavora dal 2016 al MIT di Boston per un progetto di città spaziale con la NASA per Marte. Si chiama Redwood Forest: è costituita da una serie di padiglioni emisferici e da un sistema di gallerie sotterranee (sviluppate come le radici degli alberi) dalle quali passerà l’acqua necessaria alla vita degli abitanti, potranno essere fino a diecimila, e delle varie specie vegetali ottenute con sistemi idroponici. A questo punto la nostra mente comincia ad avere seri problemi di comprensione, pur appassionandosi ai concetti che l’ing. Basile ha descritto. Ma grazie alla Scienza e all’Innovazione Tecnologica, ha concluso, i viaggi spaziali non sono più un sogno ma già una realtà …. Dunque prepariamoci a prenotare un biglietto per il 2024: destinazione Luna!!! “ A la via …. così”, direbbe a questo punto il capitano James Kirk!