di Monica Frida
“Ho rivalutato la situazione”. Con queste parole la cancelliera Angela Merkel accompagna le sue decisioni di cambiamento di rotta, quando si deve adeguare alla situazione più favorevole o praticabile. E queste potrebbero essere le sue parole se decidesse, come in Germania tanti si attendono, di rivedere quanto aveva annunciato da tempo: il ritiro dalla politica attiva. Una scelta precisa e programmata. Nel 2021 vi sono le elezioni politiche in Germania, e Angela Merkel da anni ha annunciato di non volersi ricandidare dopo quattro mandati consecutivi alla guida del Paese. Ma lo scenario è cambiato: ora la sua popolarità è all’80%, un indice altissimo, frutto del consenso della sua assennata politica nell’affrontare la pandemia. Un consenso che trascina il suo partito, i Cristiano democratici, fino a non molto tempo fa in costante erosione, ma ora rilanciati nei sondaggi fino anche al 40% di voti potenziali. Che farà Angela Merkel? Appare probabile che il suo destino politico si accompagni a quello degli Stati Uniti che il 3 novembre sceglieranno il nuovo Presidente. Sarà ancora il repubblicano Donald Trump, 74 anni, o il suo rivale, il democratico Joe Biden, 77 anni? I sondaggi danno per favoritissimo Biden, ma ora tutti sono molto prudenti dopo la vittoria, quattro anni fa, di Donald Trump che era dato per sicuro sconfitto nella corsa alla Casa Bianca contro la democratica Hillary Clinton. La Cancelliera ritiene, in caso della conferma di Trump, di mantenere la decisione presa e di ritirarsi. Ma questo ragionamento, da statista, è tutto nell’interesse del suo Paese. Lei e Trump decisamente non vanno d’accordo, si sono scontrati più volte, e se Angela Merkel confermasse il proposito di uscire di scena, il suo sostituto – del quale peraltro ancora non c’è certezza sul nome – potrebbe avere un ruolo più proficuo nelle trattative con la Casa Bianca. Diverso è il caso se venisse eletto Joe Biden. In questo caso “Frau Angela” sarebbe effettivamente la migliore sorpresa possibile per la Germania. È la politica più autorevole d’Europa, la sua uscita di scena indebolirebbe anche l’Unione europea. Non è poco come possibile “effetto collaterale” del voto negli Stati Uniti. Tra i due contendenti, Trump e Biden, non c’è dubbio che sia il secondo ad essere “gradito” da Bruxelles. Perché la politica di Trump, efficace nel perseguire gli interessi nazionali, è fortemente anti-europea. Trump vuole che l’Europa sia divisa, ha brindato per la Brexit, non vede l’Unione come un suo partner privilegiato per equilibrare i destini del mondo. Contesta come troppo debole l’impegno economico delle grandi potenze europee alla voce “Difesa”. Il rapporto con l’Europa – e di conseguenza l’impegno nella Nato – sarà la grande novità di una presidenza Biden rispetto alla politica estera di Trump. Che ha raccolto un successo personale nella mediazione insistentemente voluta perché si normalizzassero i rapporti di Israele con Emirati Arabi, Bahrein e – ultimo arrivato – il Sudan. Ci sono delle tracce da cui Biden non tornerà indietro. Difficile che rimetta in discussione l’ambasciata degli Stati Uniti in Israele a Gerusalemme, una decisione presa non da Trump ma che solo quest’ultimo ha avuto il coraggio – o la sfrontatezza – di realizzare. Si temevano ragionevolmente una serie di attentati, da parte palestinese, per una forzatura che poteva sembrare una provocazione. Così non è stato. Più probabile, invece, che Biden voglia avere un atteggiamento più costruttivo con l’Iran, dove Barack Obama si era speso per un’intesa sul nucleare pacifico, e dove Trump ha disfatto tutto. Ma è l’Europa, appunto, che sarà il campo della “novità” di una presidenza Biden. Biden potrebbe non vedere più Bruxelles come un interlocutore inviso, perché in tanti anni di politica ha trovato consonanze e non piuttosto conflitti con l’Unione. Sarà comunque – è ovvio – sua la decisione di come orientare il dialogo con il Vecchio Continente. Ma questo rapporto, se vincerà Biden, sarà ricucito. Si potrebbe poi indebolire, a favore dell’Unione, il rapporto tra Stati Uniti e Turchia nell’ambito Nato.Dopo gli Stati Uniti, la Turchia è l’esercito più importante nell’Alleanza atlantica, e da mesi l’atteggiamento del Presidente Erdogan è di forte aggressività nelle regioni mediorientali e nel Mediterraneo. Biden poi potrebbe ripensare la riorganizzazione della Nato perséguita – anche se non con molta chiarezza – da Trump, con ritiro di parte delle truppe americane dalla Germania per spostarle, tra le diverse destinazioni, anche in Italia. E poi ci potrebbe essere un allentamento dei dazi, cercando in nome dell’antica “amicizia” di convincere l’Unione a contrastare insieme la pressione commerciale della Cina, e la sua leadership.