di Marta Fusaro
All’improvviso per David Sassoli, 64 anni, il giornalista Rai diventato famoso come mezzobusto e poi consegnatosi alla politica, si era aperta una stagione improvvisa di popolarità. È successo un anno fa, con l’elezione a presidente dell’Europarlamento. La carica istituzionale gli ha dato una visibilità sopra le parti e non solo etichettata con l’appartenenza al Partito democratico, con il quale è già alla terza elezione come europarlamentare.
Il suo incarico, che è di mezza consiliatura (due anni e mezzo), cominciato nel luglio 2019, si conclude in contemporanea con l’elezione del Presidente della Repubblica (il mandato di Sergio Mattarella infatti scade nel febbraio del 2022). Ovvio che Sassoli possa essere considerato un candidato naturale al Quirinale: per il ruolo che gli è stato riconosciuto in Europa, per il suo rodaggio di lusso nelle istituzioni, per una carriera politica che é nata dalla familiarità con gli italiani conquistata negli anni come volto del Tg1 della sera. Un giornalista famoso e una carriera politica – vissuta tutta tra Bruxelles e Strasburgo – esente dagli inciampi e schieramenti della scena romana.
Eppure nel Pd c’è chi lo ama poco, e il tentativo di intrappolarlo in una insidiosa candidatura da sindaco per Roma è già stato messo in atto. Una trappola in cui l’europresidente non è caduto. Sassoli ha già corso per sindaco della Capitale ma il suo percorso si era fermato alle primarie del Pd, anche perché il promesso sostegno dell'”apparato” gli fu tolto a giochi cominciati. Vinse allora Ignazio Marino, mentre terzo si piazzò Paolo Gentiloni che, come Sassoli – dopo questa sconfitta – ha avuto poi una carriera politica di primo piano (ministro degli Esteri, poi Primo ministro, ora rappresenta l’Italia nella Commissione europea). Proprio il vincitore di quelle Primarie, invece, diventato sindaco di Roma, ha chiuso con la politica. Ignazio Marino, che dignitosamente si era dimesso da senatore prima di intraprendere la corsa al Campidoglio, è stato stritolato dall’apparato pagando il prezzo massimo alla sua indipendenza, ed è tornato a fare il chirurgo (esercita a Filadelfia, negli Stati Uniti). Una vicenda che Sassoli conosce bene, e che è un invito a non riprovarci. Sassoli – al di là di una prudente volontà di non esporsi troppo presto – è consapevole che per essere un candidato credibile al Quirinale sono necessari sostegni trasversali. Tra i nomi in ballo per il Pd il suo è tra quelli meno indigesti per il centrodestra. I Cinque Stelle sono poi in crisi di consenso, ma finché non si torna alle urne rappresentano il gruppo parlamentare più consistente.
In un’intervista del 17 novembre scorso, rilasciata ad Alberto D’Argenio del quotidiano La Repubblica, Sassoli abilmente ridimensiona il Mes, il fondo salva- Stati, blandendo tacitamente i Cinque Stelle, contrari a ricorrere a questa misura perché concederebbe un potere di controllo a Bruxelles. “Se la linea di credito sanitaria del Mes fosse stata usata subito sarebbe stata utile- ha premesso Sassoli, e non avrebbe potuto fare altrimenti perché alcuni mesi fa si era sbilanciato favorevolmente sulla richiesta del prestito-. Ma dobbiamo prendere atto che su quello strumento pesa la crisi del 2008 e che ormai è anacronistico”. Una dichiarazione apprezzata dai Cinque Stelle. Poi però una domanda fa scivolare Sassoli. “Pensa sia necessario e possibile cancellare i debiti contratti dai governi per combattere il Covid?”, gli viene chiesto. E la risposta: “È un’ipotesi di lavoro interessante, da conciliare con il principio cardine della sostenibilità del debito”. Una dichiarazione ingenua, e infelice, considerando peraltro che devono ancora essere emesse le obbligazioni per finanziare il piano europeo. Una dichiarazione che per giunta nel titolo del quotidiano – non redatto dall’autore dell’intervista – viene più che amplificata: “L’Europa deve cancellare i debiti per il Covid”, con un virgolettato attribuito a Sassoli. Che non ha detto questo, ma intanto la forzatura fa il giro d’Europa. Appena il giorno dopo, è lo stesso quotidiano La Repubblica a titolare con una dichiarazione di Nicola Zingaretti, segretario del Pd: “Non riparta la gara a chi la spara grossa”. Una liquidazione pesante di quanto dichiarato dal Presidente dell’Europarlamento, che intanto su tutti i giornali è diventato quello che “vuole cancellare i debiti contratti per fronteggiare le conseguenze del Coronavirus”. Anche qui c’è il consenso dei Cinque stelle per l’uscita – peraltro poco istituzionale, in quanto rappresentante di tutta la Ue – attribuita a Sassoli e, come si è visto, assai forzata.
Una soluzione non permessa – anzi, vietata – dai Trattati sottoscritti dall’Unione. Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea, ha infatti liquidato la questione in poche parole: “Tutto ciò che va in quella direzione è contro i Trattati e io rispetto i Trattati”. Con l’inflazione che si mantiene a bassi livelli, la Bce però nei fatti congelerà il debito italiano, acquistando i nostri titoli pubblici (come quelli degli altri Paesi dell’area euro). Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri interviene nel dibattito ricordando che l’unico modo per cancellare il debito è la crescita economica. L’Italia non ha problemi di bilancio, ma soffre la crescita non sufficiente a “superare” il costo degli interessi del debito pubblico. Negli ultimi venti anni la crescita è stata infatti inferiore a quanto paghiamo di interessi sul debito esistente, e questo ha portato al costante aumento del debito. Fatto è che Sassoli si è trovato attaccato da più parti, a cominciare dal suo partito. Non da tutto il suo partito: alcuni esponenti, come il ministro per il Sud Giuseppe Provenzano, ne hanno apprezzato la sortita. Ma la novità è che per la prima volta il Pd si è diviso su un tema europeo. E questo contribuisce a far crescere la diffidenza nei suoi confronti.