di Marta Fusaro
L’Ungheria è il primo Paese dell’Unione europea come percentuale di cittadini vaccinati. Ed è anche l’unico Paese (finora) ad aver autorizzato i vaccini russo e cinese. Il governo guidato dal premier Victor Orban, in polemica con la lentezza dell’Unione europea nelle forniture, ha scavalcato non solo l’Agenzia europea del farmaco, ma anche quella nazionale ungherese, che non si era ancora espresso sul vaccino di Pechino, indicato da Orban come il suo “preferito”.
A dare il via libera è stato una decreto governativo che consente l’uso dei vaccini comunque autorizzati anche fuori dall’Unione europea.
Tutto questo è avvenuto con le proteste dell’opposizione, che ritiene che il governo stia mettendo a rischio la popolazioni. Benché ogni vaccino, anche quelli autorizzati dall’autorità europea, lo sono con il protocollo della necessità di urgenza (e quindi accorciando i tempi di sperimentazione e verifica), l’Ordine dei medici ungheresi ha criticato la forzatura dell’esecutivo di Budapest.
La Polonia e le cosiddette repubbliche baltiche (Lituania, Lettonia ed Estonia) si rifiutano invece di importare il vaccino russo per ragioni politiche, mentre la Slovacchia è stata sollecita ad ordinarne una fornitura.
Nell’Unione europea che utilizza solo i vaccini autorizzati dall’Ema, è l’Italia il Paese che sta procedendo meglio – stando ai numeri dei vaccinati rispetto alla popolazione totale, come si vede nella tabella a fianco – rispetto anche a Germania e Francia.
La Commissione europea ha poi allargato il campo per bloccare l’esportazione dei vaccini dai Paesi produttori, in presenza di un contratto da onorare con la Ue. Lo ha spiegato bene il primo ministro italiano Mario Draghi dopo l’ultimo Consiglio in videoconferenza tra i 27 leader. “Il criterio della Commissione è stato in parte modificato rispetto al criterio precedente. Prima c’era un solo requisito per bloccare l’esportazione di vaccini – come abbiamo fatto noi italiani, per altro gli unici finora – ed era quando non veniva rispettato il contratto. Ora ci sono due criteri aggiuntivi. Il primo è di reciprocità. Conta nel bloccare l’esportazione di un vaccino quello che fa il Paese a chi è diretto. Conta se esso stesso blocca le esportazioni. E poi un criterio di proporzionalità. Se il vaccino è diretto a un Paese che ha già un’alta percentuale di vaccinati.
Questo sempre nel rispetto dei contratti vigenti”. Fuori dalla Ue ma sempre in Europa, dopo sei mesi, domenica 28 marzo per la prima volta non c’è stato nessun morto a Londra per Covid e solo 19 in tutta la Gran Bretagna. Il segnale più evidente che la campagna vaccinale è la soluzione. La cosiddetta “immunità di gregge” dal Covid, nell’Unione “dovrebbe essere ottenuta entro metà luglio” sostiene Thierry Breton, Commissario Ue al mercato interno e responsabile politico del gruppo di lavoro sui vaccini