Ecco perchè è improbabile una svolta a destra. L’intervista di Marco Trombetta. Si avvicinano le elezioni europee del 2024. Si voterà dal 6 al 10 giugno. E a Bruxelles iniziano i giri di valzer dei posizionamenti. La maggioranza che oggi regge la Commissione von der Leyen è messa a dura prova. L’asse popolari, socialisti e liberali potrebbe non reggere per le avanzate delle destre nazionaliste. Anche se in Spagna, a luglio, alle ultime competizioni politiche, Vox ha registrato una frenata nei consensi. In gioco ci sono i temi economici. I rapporti tra l’Occidente e l’Oriente. L’Ucraina. E poi il Green New Deal, la riforma del Patto di Stabilità, le migrazioni. Ne abbiamo parlato con Alessandro Cisilin, giornalista e antropologo, ex portavoce della missione dell’Unione europea in Ucraina. Bruxelles sembra essere tra due fuochi. Tra gli Stati Uniti e la Cina. Cosa sta succedendo? “Con la guerra in Ucraina, l’Europa è chiaramente schiacciata su Washington e addirittura va oltre. Gli Usa premono per una soluzione negoziale e l’Europa invece sembra restare alla finestra. Il vero conflitto è comunque commerciale. Una situazione di massima attenzione che si gioca sull’egemonia mondiale che gli Usa vorrebbero mantenere. E mal vedono l’espansionismo di Pechino. L’Europa sta in mezzo. Perché il Vecchio Continente per definizione anche geografica avrebbe un grande interesse ad intensificare i rapporti con la Cina. Si è parlato anche in Italia della Via della Seta. Rapporti che potrebbero portare molti benefici economici anche nel nostro Paese. Tanto è vero che sin dal primo governo Conte si tentò questa strada. Adesso però si sta facendo marcia indietro”. L’Europa è quindi il braccio politico della Nato? “La guerra in Ucraina ha rilanciato questa percezione. Gli Usa hanno chiesto all’Europa di aumentare le spese militari. Questo è un dato assodato. Una situazione che ha messo in secondo piano la questione della difesa europea autonoma che forse un giorno potrebbe cambiare. Ma adesso non è in discussione”. L’Ucraina entrerà nell’Unione europea? “È possibile. Questa sicuramente è la volontà politica. Anche se ci sono altri Paesi in attesa da molto più tempo con standard maggiori di quelli di Kiev. Penso ai Balcani. Entrare nell’Ue è un sogno di molti ucraini. Questo potrebbe essere anche sul tavolo delle trattative con la Russia per la fine del conflitto con un parziale sacrificio dei territori. Una moneta di scambio. Si lasciano le zone contese a Mosca e l’Ucraina entra nella Ue”. Il prossimo anno si voterà in Europa. Più di qualcuno parla di uno spostamento dell’asse verso destra. È possibile? “No. Poco probabile. O meglio se cosi fosse sarebbe uno scenario molto camuffato. Dipende da qual è l’estrema destra. Perché se parliamo, ad esempio in Italia di Giorgia Meloni, quest’ultima nel momento in cui ha preso il timone del governo sta facendo cose che sono pienamente nell’alveo del centrodestra europeo, nell’ambito dei popolari per intenderci. I partiti a vocazione maggioritaria si metteranno insieme come hanno sempre fatto nel passato. Quello che però è rilevante è che c’è una avanzata dei Sovranisti che sono espressione di una maggiore richiesta di coinvolgimento nelle decisioni che vengono prese a Bruxelles”. Che fine farà il Green New Deal che in molti tra i nazionalisti ritengono lesivo delle economie interne? “Ci sarà un compromesso con le forze di sinistra che molto spesso utilizzano la questione ecologica come semplice slogan. Non vedo però rischi di arretramento. La questione della conversione verde è molto complessa. Sarà sicuramente affrontata con pragmatismo tenendo conto delle diverse storie e investimenti industriali che hanno fatto i diversi Paesi europei. La gestione del caso delle auto elettriche sarà un esempio”. In Italia quale è il gioco della Lega che guarda con interesse alla Le Pen in Francia e all’Alternative fur Deutschland in Germania? “E’ un gioco elettorale. Siccome Meloni si è istituzionalizzata, Matteo Salvini prova a riprendersi uno spazio nel suo tradizionale campo del sovranismo per portare qualche eurodeputato in più a Bruxelles”. Giorgia Meloni entrerà nel Partito Popolare, abbraccerà il moderatismo europeo? “Con alcuni mal di pancia potrebbe accadere nel giro di qualche anno. Soprattutto se Giorgia Meloni continuerà a mostrare saggezza e sostanziale allineamento sulle grandi decisioni che vengono prese in Europa. In politica ci sono le dinamiche elettorali e poi le convergenze d’interesse. Mi riferisco alla riforma del Patto di Stabilità. Per ottenere flessibilità servirà il dialogo con i moderati del Ppe, con la Francia liberale di Macron e con la Spagna del socialista Sanchez”. Sulle migrazioni? “La questione sarà sicuramente tema di campagna elettorale. Ma è un falso problema perché i Paesi europei che hanno accolto e investito nell’integrazione sono cresciuti di più. Una strategia europea non può che partire da questo”. Cosa servirà all’Europa nel 2024, in futuro? “Un maggiore confronto tra le forze in campo. L’Europa per la sua tenuta deve ridiventare terreno di incontro e scontro politico sulle questioni importanti. Deve salire il livello della dialettica, chiunque vinca. Senza seguire tabù eterodiretti”.