di Fabio Morabito
“Le mie bombe al servizio dell’Unione europea”. Non si è espresso letteralmente così, Emmanuel Macron quando – a una settimana esatta dalla formalizzazione dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea – ha messo a disposizione dell’Europa l’arsenale nucleare francese, ma il senso del suo messaggio è stato chiaro. Uscita Londra, l’unica potenza nucleare dell’Unione è rimasta la Francia. Che si propone Paese leader nella Difesa dei 27 Stati membri dell’Unione. In modo smaccato, non nuovo, con parole che hanno cercato una retorica solenne: “Dobbiamo scegliere tra il riprendere in mano il nostro destino oppure, rinunciando a qualsiasi strategia propria, allinearci a una qualche potenza – ha detto il Presidente francese -. Ecco perché un sussulto è necessario e il nostro obiettivo deve essere la rifondazione dell’ordine mondiale al servizio della pace. La Francia e l’Europa hanno un ruolo storico da giocare”.
Il passaggio non è sorprendente. L’occasione è stata il discorso sulla Difesa e sulla dissuasione nucleare che ogni Presidente francese fa, un’unica volta per ogni mandato. E già questo ne suggerisce l’importanza. L’Eliseo ha messo in calendario questo appuntamento subito dopo la lunga e controversa uscita formale della Gran Bretagna, anch’essa potenza nucleare come Paese vincitore nella Seconda guerra mondiale. E appena tre mesi dopo la famosa dichiarazione, in un’intervista all’Economist, con la quale Macron definì “morte cerebrale” la condizione dell’Alleanza atlantica.
La proposta dell’Eliseo è un dialogo strategico sul “ruolo della dissuasione nucleare” di Parigi nella sicurezza dell’Europa. “I partner europei che auspicano di impegnarsi su questa strada – ha spiegato Macron – potranno essere associati alle esercitazioni delle forze francesi di dissuasione”. L’Italia è già sotto un “ombrello atomico” ed è quello della Nato. Offrirne un altro non raddoppia le garanzie di difesa ma potrebbe rendere, in prospettiva, l’Unione europea autonoma dall’Alleanza atlantica. Macron non ha mai parlato finora di uscire dalla Nato, anzi, ma questo perché prefigurare uno strappo del genere sarebbe maldestro e prematuro. Ragionevolmente si può pensare che si tratti di un percorso indicato, guardando a un futuro non prossimo. Per ora è lontano perfino il progetto di un esercito comune europeo, che già Macron aveva caldeggiato fin dal suo insediamento all’Eliseo. La Francia, ha insistito Macron – che ha scelto per il suo discorso sulla “dissuasione nucleare” la Scuola di guerra di Parigi – “ha un bilancio unico al mondo, conforme alle sue responsabilità ed interessi, avendo smantellato in modo irreversibile la sua componente nucleare terrestre, le sue installazioni di test nucleari, quelle per la produzione di materie fissili per armamenti, e ridotto la dimensione del suo arsenale, ora inferiore a trecento armi nucleari”. Trecento bombe atomiche sono più che sufficienti per essere una grande potenza nucleare. Ma mantenere questo arsenale comporta costi notevoli che la Francia vorrebbe condividere con gli altri Paesi dell’Unione. E dietro l’indicata necessità di “una più grande capacità di azione autonoma degli europei”, ci sono anche prosaiche ragioni di bilancio. L’Eliseo ha programmato di aumentare le spese per la Difesa del 20% in sette anni.
Le parole di Macron sono cadute nel vuoto. La Cancelliera tedesca Angela Merkel poco più di un anno fa aveva detto – parlando al Parlamento europeo – che “il tempo in cui potevamo contare sugli altri è finito. Ora noi europei dobbiamo prendere il destino nelle nostre mani”, una dichiarazione che sembrava un’anticipazione della parole di qualche giorno fa di Macron. Ma ora è distante, come aveva preso le distanze dall’alleato francese quando aveva parlato di “morte cerebrale” dell’Alleanza atlantica.
Perlomeno secondo la Cancelliera il giovane Presidente francese aveva sbagliato nel tempismo. Il governo tedesco sta trattando l’acquisto di 40 cacciabombardieri statunitensi, una commessa miliardaria, un impegno che rimanda lontano nel tempo uno scenario come quello ipotizzato dall’Eliseo.
Non c’è dubbio che su tutto questo incida anche l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione. La Germania è il Paese leader dell’Unione europea, ma lo era anche prima, e di un’Unione (con Londra) più forte. Se cedesse di fatto la guida della Difesa alla Francia, affidandosi all’ombrello nucleare di Parigi, l’autorevolezza di Berlino ne sarebbe ulteriormente appannata. Londra anche con la Brexit resterà nell’Iniziativa europea di intervento, composta da 13 Paesi, che è già una sorta di Europa della Difesa. Ma soprattutto Francia e Gran Bretagna resteranno legate dagli accordi di Lancaster House di dieci anni fa, che sono bilaterali e quindi indipendenti da Bruxelles e dalla Nato. Macron ha probabilmente in mente perfino di rafforzare i rapporti con il Regno Unito riguardo il campo della sicurezza internazionale, visti naturalmente con un approccio di interessi francesi. Significa cooperazione, ma anche sinergia nell’industria bellica. Ma soprattutto significa un doppio tavolo, e in uno di questi l’Unione europea non c’è.