di Romano Bartoloni
Non solo in Italia ma in tutta Europa, Il web e i social sono diventati la gran cassa di risonanza dell’epidemia del Coronavirus. Ne hanno fatto un feticcio del diavolo che ha provocato una pandemia mondiale della paura, un infernale gioco al rimpiattino delle fakenews. Il Covid -19 non è una influenza ma nemmeno la peste o l’Ebola. Contagia, può anche uccidere, ma è letale solo per una minoranza di casi. L’importante è stare in guardia. A sentire i meglio informati, un virus respiratorio non si può fermare a meno di non chiudere in blocco Paesi, che è poi la scelta che è stata fatta. Oppure si sarebbe potuto contenere con opportune contromisure, specie se si scopre prima o poi l’antidoto del vaccino. Ma al di là delle decisioni-limite e drammatiche che sono state prese, è scoppiato fra incontenibili allarmi uno psicodramma virale che ha generato un mostro spaventoso e terrorizzante che rimbalza da uno smartphone all’altro persino tra i bambini.
Anche stampa e tv hanno fatto la loro parte contribuendo a drogare l’informazione, al dilagare del sensazionalismo inquietante, a sovradimensionare il contagio. Al solito nei mass media si incoraggia a piene mani le incursioni di opinionisti seriali con un contorno aggressivo di ciarlatani, imbonitori, millantatori. Sotto gli occhi della sbigottita opinione pubblica si beccano tra loro scatenando un feroce scontro nel segno del catastrofismo contrapposto allo scetticismo più sostenuto. Mai come in queste circostanze, con in gioco la salute della gente, sono indispensabili verifiche e controlli incrociati delle fonti di informazione.
Altrimenti si fomenta la circolazione di fakenews e balle dalle inquietanti conseguenze, come quella che riguarderebbe solo gli over 75 la regola di restare a casa, quando viceversa sono coinvolti tutti gli anziani, quindi gli over 65 anni e cioè il 23% degli italiani. Dice il decreto del Governo: è fatta espressa raccomandazione a tutte le persone anziane di evitare di uscire dalla propria abitazione fuori dei casi di stretta necessità. Piuttosto si sostengano e si rafforzino le squadre dei cronisti in gamba e degli inviati speciali che si stanno sacrificando nel loro lavoro a rischio della propria salute, e il peggio è che alcuni sono mandati allo sbaraglio senza tutele professionali e sanitarie e senza un’assicurazione specifica. Le tutele vanno irrobustite anche nel rispetto del contratto giornalistico. Le testimonianze di questi coraggiosi cronisti sono più utili delle chiacchiere tra comari. Peccato che resti ancora una voce poco ascoltata quella di Walter Ricciardi, membro italiano del comitato esecutivo dell’Organizzazione mondiale della Sanità, e di recente diventato consigliere del ministro della Salute Speranza. Dice con cognizione di causa: “Su 100 malati, 80 guariscono spontaneamente, 15 hanno problemi seri ma gestibili in ambienti sanitari, gravissimi 5, ma di questi solo 3 rischiano la morte”.