L’Italia sfida l’Ue sull’etichettatura alimentare

di Giorgio De Rossi

Il primo aprile u.s. avrebbe dovuto trovare applicazione il Regolamento di Esecuzione (UE) 2018/775, con cui la Commissione Europea, il 28 maggio 2018, ha introdotto le nuove regole per “indicare in etichetta il paese d›origine o il luogo di provenienza dell›ingrediente primario di un alimento”, come, ad esempio, il grano per la pasta o il latte per i prodotti caseari. Detto Regolamento, recita l’Articolo1, si applica quando il paese d›origine o il luogo di provenienza di un alimento è indicato con diciture, illustrazioni o simboli che si riferiscono a luoghi o zone geografiche, mentre non

si applica alle indicazioni geografiche protette, quali le DOP, IGP, STG, né ai marchi d›impresa registrati. All’Articolo 4, inoltre, si stabilisce che la sua applicazione decorre dal 1° aprile 2020. Tuttavia, al momento dell’entrata in vigore della normativa europea sulle etichettature, i Ministri delle Politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo, Teresa Bellanova e dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, hanno firmato il Decreto Interministeriale che, nel prolungare i provvedimenti nazionali in vigore oltre il 1° aprile data di entrata in applicazione del suddetto Regolamento (UE) 775/2018 fissa al 31 dicembre 2021 l’obbligo di indicazione dell’origine del grano per la pasta di semola di grano duro, del riso e del pomodoro. Bellanova e Patuanelli hanno sostenuto la progressiva evoluzione della normativa: “Avanti con la trasparenza, serve origine obbligatoria per tutti gli alimenti in Europa”. “L’Italia – hanno proseguito i Ministri – “si conferma all’avanguardia nella UE per la trasparenza delle informazioni al consumatore in etichetta. Non possiamo pensare a passi indietro su questa materia e per questo abbiamo deciso di andare avanti. Diamo certezze alle imprese di tre settori chiave per l’agroalimentare italiano. Chiediamo anche all’Europa di fare scelte coraggiose nell’ambito del Green Deal e della strategia ‘Farm to Fork’, introducendo a livello europeo l’obbligo di indicare l’origine per tutti gli alimenti. Chiediamo ancora una volta alla Commissione di andare incontro anche alle richieste delle imprese, che oggi devono fronteggiare i danni da COVID-19 e di spostare di almeno un anno l’applicazione del regolamento 2018/775. Una norma che non ci piace e alla quale oggi, con tante imprese che producono imballaggi chiuse in Europa, è difficile adeguarsi”.

Ma cosa si trova sulle etichette italiane? Per quanto concerne il “Grano/Pasta”, il Decreto prevede che le confezioni di pasta secca prodotte in Italia debbano continuare ad avere obbligatoriamente indicate in etichetta le diciture del Paese di coltivazione del grano e del Paese di molitura in cui il grano è stato macinato. Per il “Riso” il provvedimento prevede che sull’etichetta si continui ad indicare, rispettivamente, il Paese di coltivazione, di lavorazione e di confezionamento. Se le tre fasi avvengono nel nostro stesso Paese è possibile utilizzare la dicitura “Origine del riso: Italia”. Infine, per le confezioni di “Derivati del Pomodoro”, sughi e salse prodotte in Italia, è previsto che esse debbano contenere obbligatoriamente in etichetta l’indicazione del nome, sia del Paese di coltivazione del pomodoro, che quello di trasformazione. Anche in questo caso se tutte le operazioni avvengono nel nostro Paese si può utilizzare la dicitura “Origine del pomodoro: Italia”. Le indicazioni sull’origine devono essere apposte in etichetta in una posizione evidente e nello stesso campo visivo in modo da essere facilmente riconoscibili, chiaramente leggibili e indelebili.

A questo punto, nel domandarci con quali strumenti l’Italia intenda combattere la battaglia in difesa del “Made in Italy alimentare”, il Ministro Patuanelli ha dichiarato di voler creare la “Piattaforma Foodchain”, ossia uno strumento di elevata innovazione tecnologica in grado di fornire a tutti gli attori della filiera certezza e trasparenza nel mercato. I consumatori vogliono conoscere la storia del prodotto. Essi si chiedono: da dove proviene quello che acquisto ? Quale Azienda lo ha prodotto e come ? Fino ad oggi gli acquirenti non hanno avuto gli strumenti per compiere scelte consapevoli ed informate. Il guanto di sfida dell’Italia all’UE è stato dunque lanciato dal titolare del MISE che ha proseguito: “La rivoluzione delle etichette è vicina; vogliamo etichette chiare e intelligenti, che consentano a tutti di poter consultare le informazioni del prodotto in un instante, dal proprio smartphone, tramite QR Code”. Partendo dalla “Blockchain”, che è un registro pubblico in cui vengono annotati e valutati scambi ed informazioni inalterabili, la “Foodchain” è una piattaforma per la gestione della catena di distribuzione (Supply chain) delle attività aziendali e per la tracciabilità dei prodotti. Nello schema che segue, il consumatore che acquista una bottiglia di vino e che pretende delle risposte alle domande che si è dianzi posto, riesce ad ottenere le necessarie indicazioni sulla produzione del bene e sui materiali impiegati attraverso la lettura delle “etichette intelligenti” nelle quali vengono stampati i “Qr” (Quick Reponse) Code: i codici a risposta rapida, infatti, permettono, tramite smartphone e tablet, una veloce decodifica delle informazioni che il produttore ha deciso di mettere a disposizione dei consumatori. Come precisato dal Prof. Nicolò Costa, Sociologo dell’Economia del Territorio e Coordinatore del Corso in Scienze del Turismo all’Università di Roma Tor Vergata, i “QR Code” sono stati inizialmente brevettati dall’Azienda giapponese Denso Wave per tracciare i componenti delle automobili nelle fabbriche Toyota, ma, con il tempo, sono diventati un vero e proprio strumento di comunicazione bidirezionale. Un progetto innovativo sull’utilizzo del “QR Code”, prosegue il docente, prevede la vendita, in Italia e all’estero, di più prodotti agricoli (Dop, Igp ecc.) e artigianali (vini, formaggi, salumi, confetture ecc.) che esprimono la genialità locale con l’apposizione di un codice a barre a risposta bidirezionale rapida. Fotografato dall’acquirente, il QR Code è uno strumento di vendita e di pagamento in quanto consente di accumulare un punteggio che forma un “cash back” (salvadanaio elettronico) con cui poter acquistare generi alimentari con l’offerta di agevolazioni in bassa stagione. L’obiettivo è quello di trasformare chi acquista una bottiglia di vino, o di olio o una confettura di pomodoro realizzati da fornitori che abbiano obbligatoriamente certificato l’origine merceologica in un turista che viene invitato a visitare l’azienda con i suoi prodotti di eccellenza, ad incontrare i proprietari, nonché a scoprire in loco, a condizioni molto favorevoli, le altre numerose risorse culturali ed ambientali del nostro Bel Paese. Tutto ciò contribuisce a sviluppare e convertire un passaparola biotico, faccia-a-faccia con parenti e amici, in un passaparola elettronico (e-wom), tramite i social media, in grado di traghettare i clienti dal “prodotto al produttore”. In un momento in cui la pandemia del corona virus impone nuove e pressanti soluzioni, è indispensabile avviare la fase del “fare” verso una progettualità condivisa e aperta a nuove idee: “Alea iacta est”.

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