Dell ‘Avv. Alfredo Lonoce
E’ precipuo dovere dello Stato non ingenerare confusione tra norme giuridiche. In ogni ordinamento giuridico democratico deve essere assicurata l’organicità, il coordinamento e la stabilità della legislazione per consentire l’esatta osservanza della legge da parte di tutti, la sua uniforme interpretazione e l’unità del diritto oggettivo nazionale, che è uno dei principi fondamentali dello Stato di diritto. Se al vertice delle nostre istituzioni ci fossero persone esperte in questioni giuridiche non sarebbe necessario affrontare, con tutto l’imbarazzo del caso, delle tematiche che riguardano espetti molto delicati per le conseguenze cui sono esposti i cittadini italiani i quali dovrebbero osservare le recenti norme amministrative illegittime emanate dal governo nel contesto dell’emergenza Coronavirus e le Forze dell’Ordine che a loro volta sono chiamate a darvi esecuzione. Secondo l’opinione del comitato scientifico il virus continua a circolare e a trasmettersi attraverso contatti stretti con persone che hanno contratto COVID-19, attraverso le goccioline, provenienti da tosse o starnuti, che cadono a terra velocemente nel raggio di 1-2 metri dalla persona potenzialmente infetta, o attraverso un contatto indiretto con superfici o con oggetti toccati dagli ammalati.
Proprio per contrastare la nuova diffusione dell’epidemia il governo nella serata del 16 agosto ha deliberato nuove misure di prevenzione, disponendo tra l’altro quanto segue: “dalle 18 alle 6, su tutto il territorio nazionale, l’uso delle mascherine torna obbligatorio anche all’aperto, negli spazi di pertinenza dei luoghi e locali aperti al pubblico nonché negli spazi pubblici (piazze, slarghi, vie) ove per le caratteristiche fisiche sia più agevole il formarsi di assembramenti”.
Per effetto delle nuove disposizioni amministrative, per non incorrere nelle sanzioni amministrative comminate, tutti i cittadini sarebbero tenuti ad indossare le mascherine, ma nel contempo gli stessi sono anche obbligati al rispetto delle leggi penali. Chi ha esteso l’obbligatorietà dell’uso delle mascherine su tutto il territorio non ha tenuto conto del fatto che nel nostro ordinamento penale la legge vieta di comparire in luoghi pubblici con il volto coperto in modo da non consentire il riconoscimento del soggetto, come si evince dall’art.85 del TULPS (Testo Unico sulle leggi di Pubblica Sicurezza) approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773 il quale, prevede: “È vietato comparire mascherato in luogo pubblico”. Vi è inoltre la legge 22 maggio 1975, n. 152 (legge Reale) con le sue successive modifiche «Disposizioni a tutela dell’ordine pubblico», che all’articolo 5, dispone che “È vietato l’uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo.” Il contravventore è punito con l’arresto da uno a due anni e con l’ammenda da 1.000 a 2.000 euro. Da una interpretazione letterale della norma le parole “senza giustificato motivo” porterebbero ad escludere la configurazione del reato ogniqualvolta vi sia una effettiva e valida ragione che giustifichi il travisamento del volto, valutazione questa riservata però al giudice.
Tuttavia, dal momento che gli esperti concordano nel ritenere che il virus si trasmette attraverso uno stretto contatto con una persona infetta e che tale conclusione è stata recepita ufficialmente dallo stesso Ministero della Salute che nel suo sito Web ha scritto: “Il nuovo Coronavirus è un virus respiratorio che si diffonde principalmente attraverso il contatto stretto con una persona malata. La via primaria sono le goccioline del respiro delle persone infette”, considerato che non siamo in presenza di un virus che vola nell’aria, indossare la mascherina in luoghi aperti non potrebbe essere in alcun modo un “giustificato motivo”. Inoltre non si può sottacere che manca nei provvedimenti amministrativi l’abrogazione o la deroga alla legge penale che comunque potrebbe essere disposta solo con legge ordinaria.
Da parte dei seguaci del pensiero unico si potrebbe obiettare che c’è un’emergenza sanitaria, ma non bisogna dimenticare che l’obbligo di far uso della mascherina è stato sempre disposto con ordinanze regionali, con DPCM e con ordinanze ministeriali, che sono tutti degli atti amministrativi e come tali sono subordinati alle leggi, ancor più alla legge penale.
Infatti, per il principio della gerarchia delle fonti del diritto, le ordinanze, in quanto atti amministrativi, non possono andare contro la legge. Anche se fosse provata la circostanza che è ancora in corso un’emergenza sanitaria, che in teoria giustificherebbe una deroga alla legge penale che vieta di andare in giro con il volto coperto, l’introduzione o la proroga dell’obbligo di utilizzare le mascherine dovrebbero in ogni caso essere disposte con una legge di pari rango ed in espressa deroga alla legge penale. Come dovrebbe essere noto a tutti, la legge costituzionale occupa il vertice della gerarchia delle fonti, seguita dalle leggi statali ordinarie e, solo in seguito, da quelle regolamentari (sia di natura governativa, che regionale). Ciò comporta, quindi, che giammai un Dpcm, un regolamento, o una ordinanza ministeriale potrebbero imporre un precetto che sia in contrasto con quello di una legge ordinaria e che in caso di loro emanazione, potrebbero non essere rispettati ed in alternativa verrebbero disapplicati dai giudici.Peraltro, in assenza di una prescrizione dell’obbligatorietà delle mascherine adottata con legge ed in deroga alla legge penale vigente, ogni cittadino che circola in luogo pubblico o aperto al pubblico mascherato sarebbe esposto alle sanzioni penali previste dall’art.85 del R.D. 773/1931 e dall’artt. 5 della L.152/1975. E’ evidente quindi che in assenza di una imposizione dell’uso della mascherine adottata con legge dello Stato ed in deroga alla legge penale, quanti violano le norme penali vigenti si espongono alle conseguenze che ne derivano, come la denuncia da parte di qualsiasi agente di polizia giudiziaria [c.p. 360; c.p.p. 57], che, avendo notizia di un reato, ne deve fare rapporto [c.p.p. 331].
Il pubblico ufficiale non può disattende una norma di rango costituzionale o una norma di rango superiore, come è una legge penale in quanto è suo dovere primario quello di osservare e difendere la Costituzione e le leggi. Se un atto amministrativo è in contrasto con una legge il pubblico ufficiale deve far rispettare prima la legge e, qualora non vi sia contrasto, anche l’atto amministrativo. Peraltro, le Forze dell’Ordine sono a loro volta esposte a due tipologie di reato:
art. 414 Codice penale, comma primo – Istigazione a delinquere: “Chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più reati è punito, per il solo fatto dell’istigazione”; art.361 cod.pen. – Omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale, delitto che punisce l’omissione di un atto di ufficio nell’ipotesi in cui i pubblici ufficiali i quali, in presenza di cittadini che circolano per le nostre strade travisati con mascherine che coprono il viso fino all’altezza degli occhi, avrebbero l’obbligo di segnalare il fatto all’Autorità Giudiziaria e non lo fanno, rendendosi così responsabili di omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale. Senza entrare in argomento sulla pericolosità per la salute dell’uso prolungato nel tempo della mascherina in quanto riduce l’ossigeno, si osserva poi che se la mascherina fa male e danneggia la salute i cittadini dovrebbero esser liberi di non usarla, mantenendo naturalmente un distanziamento sociale per prevenire la diffusione dell’epidemia. In definitiva, le vie percorribili per riordinare la materia normativa potrebbero essere due: o abrogare con legge ordinaria gli artt. 5, L. 152/75, e 85 R.D. 773/1931, poiché il loro contenuto è in contrasto con i nuovi variegati atti amministrativi governativi, regionali e sindacali che impongono di andare in giro mascherati, oppure questi ultimi andrebbero disapplicati in favore delle leggi penali di rango superiore tuttora vigenti.
Duole dover rilevare come la situazione normativa sia ormai divenuta troppo caotica e confusionaria sia per i cittadini, che sono tenuti al rispetto prioritario delle norme penali, che per le Forze dell’Ordine, sui quali incombono diverse gravi conseguenze in ordine alla inosservanza dei precetti penali cui invece sono tenute.
Sarebbe auspicabile che il legislatore e non un governo, il quale fino ad ora ha dato prova di scarsa esperienza e conoscenza del diritto, intervenga autorevolmente per disciplinare con legge l’intera materia in maniera chiara, individuando quali siano i diritti e gli obblighi di ciascuno nel rispetto sempre dei valori e dei principi che ispirano la nostra Costituzione, stella polare dell’azione di ogni Istituzione e di tutte le nostre leggi che ad essa devono conformarsi.