di Gianfranco Grieco
“Più Europa” o “Più Europei”? Se le parole hanno un senso, come in verità lo hanno, noi preferiamo essere “Più Europei”. “Più Europa” lo siamo dal dopo guerra in poi, fino all’alba del nuovo millennio. “Più Europei” dobbiamo ancora esserlo.
Per questo il titolo del nostro giornale si riveste di scottante attualità. L’orizzonte europeo dal punto di vista geopolitico ed economico è sempre più carico di incognite. Spazzeremo via le nubi solo se sappiamo essere “Più europei”.
Sessantuno anni fa l’istituzione dell’Europa
Ma, di quale Europa parliamo? Di quale unione europea parliamo? Parliamo del nulla o mettiamo in evidenza quel poco che in questo arco di storia europea, dai padri fondatori ad oggi, siamo riusciti con affanno a realizzare? Nulla? troppo poco ? quanto basta, per ora ? Le risposte sono variegate. Sta di fatto che l’Europa delle Nazioni e l’Europa dei Popoli, per ora sta solo sulla carta e sui programmi economici. Bisogna “costruire” quella vera, basata sulla cultura, sulle radici cristiane, sulla solidarietà. Siamo ancora agli inizi e il cammino da fare è ancora lungo.
Proprio una anno fa, in occasione del 60° anniversario della firma dei Trattati di Roma (24 marzo 2017) istitutivi della Comunità Economica Europea e della Comunità Europea dell’Energia Atomica, Papa Francesco ricordava come “ritornare a Roma sessant’anni dopo non poteva essere solo un viaggio nei ricordi, quanto piuttosto il desiderio di riscoprire la memoria vivente di quell’evento per comprenderne la portata nel presente. Occorre immedesimarsi nelle sfide di allora, per affrontare quelle dell’oggi e del domani”. Il 25 marzo 1957 – ricordava ancora – “fu una giornata carica di attese e di speranze, di entusiasmo e di trepidazione, e solo un evento eccezionale, per la portata e le conseguenze storiche, poteva renderla unica nella storia. La memoria di quel giorno si unisce alle speranze dell’oggi e alle attese dei popoli europei che domandano di discernere il presente per proseguire con rinnovato slancio e fiducia il cammino iniziato”.
I padri Fondatori
I Padri fondatori e i leader apponendo la propria firma sui due Trattati, davano vita a quella realtà politica, economica, culturale, ma soprattutto umana, che oggi chiamiamo Unione Europea. D’altra parte, come rilevava il Ministro degli Affari Esteri belga Spaak, si trattava, «è vero, del benessere materiale dei nostri popoli, dell’espansione delle nostre economie, del progresso sociale, di possibilità industriali e commerciali totalmente nuove, ma soprattutto di una particolare concezione della vita a misura d’uomo, fraterna e giusta». «I nostri piani non sono di natura egoistica» -affermava il Cancelliere tedesco Adenauer -. «Senza dubbio, i Paesi che stanno per unirsi (…) non intendono isolarsi dal resto del mondo ed erigere intorno a loro barriere invalicabili» – gli faceva eco il Ministro degli Affari Esteri francese Pineau – . In un mondo che conosceva bene il dramma di muri e delle divisioni, occorreva lavorare per un’Europa unita e aperta e adoperarsi per rimuovere quell’innaturale barriera che dal Mar Baltico all’Adriatico divideva il continente.
Il lungo tempo di Pace
Nel vuoto di memoria che contraddistingue i nostri giorni, spesso si dimentica anche un’altra grande conquista frutto della solidarietà sancita il 25 marzo 1957: il più lungo tempo di pace degli ultimi secoli. “Se i Padri fondatori che erano sopravvissuti ad un conflitto devastante, erano animati dalla speranza di un futuro migliore e determinati dalla volontà di perseguirlo, evitando l’insorgere di nuovi conflitti – annotava Papa Francesco solo un anno fa – il nostro tempo è più dominato dal concetto di crisi. C’è la crisi economica, che ha contraddistinto l’ultimo decennio, c’è la crisi della famiglia e di modelli sociali consolidati, c’è una diffusa “crisi delle istituzioni” e la crisi dei migranti: tante crisi, che celano la paura e lo smarrimento profondo dell’uomo contemporaneo, che chiede una nuova ermeneutica per il futuro”.
L’ Europa ritroverà la speranza certa, quando avrà il coraggio di aprirsi al futuro, quando penserà ai giovani, offrendo loro prospettive serie di educazione e reali possibilità di inserimento nel mondo del lavoro. Quando investirà sulla famiglia, prima e fondamentale cellula della società. Quando rispetterà la coscienza e gli ideali dei suoi cittadini. Quando garantirà la possibilità di fare figli, senza la paura di non poterli mantenere. Quando difenderà la vita in tutta la sua sacralità, dal concepimento sino al naturale tramonto.
Ed è questo che cercheremo di proporre anche noi, tra le colonne di questo nostro giornale.