Vaccini anti-covid, in Europa tutti insieme al via tra le polemiche

di Teresa Forte

L’Unione europea ha fatto la scelta giusta, nonostante l’evidente retorica di un’iniziativa del genere: il via alla distribuzione dei vaccini è partita contemporaneamente in tutti e 27 i Paesi dell’Unione, e con lo stesso annunciato simbolico primo rifornimento uguale per tutti, Paesi grandi e piccoli, la Spagna come il Lussemburgo, 9.750 dosi ciascuno.

Con una data simbolo, il 27 dicembre, il “giorno del vaccino”. Fornitore la Pfizer, il colosso tedesco che con un socio americano (Biontech) ha prodotto il primo vaccino disponibile, anche se poi è quello più complicato da conservatore (meno 70 gradi, non proprio il reparto dei surgelati nel frigorifero di casa).

Gli annunci però sono una cosa, i fatti un’altra. In realtà questo “progetto tra uguali” non si è avverato come previsto, perché la Germania ha cominciato con 151mila dosi subito, la Francia due volte il quantitativo per l’Italia, e le polemiche sono subito rimbalzate sui media. Poco importa, perché le polemiche non tolgono il valore di aver voluto stabilire un principio: stavolta si va avanti tutti insieme. Un principio accompagnato da un’intesa politica: ne hanno convenuto i 27 ministri della Salute dei Paesi dell’Unione, concordando di acquistare i vaccini in forma collettiva, con soggetto per la trattativa la stessa Commissione europea, la quale ha potuto trattare due miliardi di dosi da varie case farmaceutiche.

La Germania ha ordinato 30 milioni di dosi in più del vaccino Pfizer, ma non ha tradito nessun accordo: erano previste misure diverse in base alle richieste fatte dai singoli Paesi.

Vignetta Rossini sul Covid-19

Del resto già nei primi giorni ha pesato l’organizzazione che si sono dati gli Stati membri, e in questo l’Italia è stata virtuosa, almeno in questa fase iniziale della campagna, risultando nella seconda settimana di gennaio il primo Paese dell’Unione come numero di vaccinati.

La Francia, invece, è apparsa subito in difficoltà facendo i conti con dure polemiche interne. Naturalmente nessuno tiene il ritmo di Israele, primo al mondo come numero di vaccinati: è un piccolo Paese, e si è mosso da solo nel mercato privato, con il premier Benjamin Netanyahu, che ha trattato personalmente le forniture con le case farmaceutiche. Quale altro Stato avrebbe potuto fare questo? Nessuno si immagina Emmanuel Macron che telefona alla Pfizer.

Giocoforza l’Unione ha fatto i conti con un breve ritardo per coordinare tutti i Paesi membri e di fronte a un’ordinazione “gigante” di fornitura di vaccino. E così anche la Gran Bretagna, che probabilmente mirava anche a dimostrare che l’uscita dall’Unione comporta tangibili vantaggi, è riuscita ad anticipare il programma di vaccinazione di qualche giorno sul resto della vecchia Europa. Ci sono poi le polemiche su quali vaccini sono riconosciuti dall’agenzia del farmaco, ed è inevitabile che – anche considerando i vari costi dei prodotti e che il primo vaccino è in parte di produzione tedesca, in una “torta” che vale almeno cinquanta miliardi di euro – ci siano sospetti su presunti rallentamenti nelle autorizzazioni.

Ma l’Europa – che ora già guarda a quella che è stata chiamata “terza ondata” del coronavirus – ha fatto la scelta giusta, di tentare almeno di affrontare insieme l’emergenza.

La Germania, che ora sta facendo i conti con una mortalità mai così elevata da quando è cominciata la pandemia, ha deciso per due mesi di nuovo lockdown. Il virus è tutt’altro che domato, e preoccupa il fenomeno delle “varianti“, cioè la capacità del Covid 19 di mutare e di adattarsi. Per ora il vaccino è dato come efficace per ogni declinazione del virus, ma questo non garantisce per il futuro.

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