Ultimatum a Maduro: Caracas divide l’Europa

di Monica Frida

Un ultimatum al presidente del Venezuela Nicolas Maduro, lanciato sabato 26 gennaio dai leader di Germania, Francia e Spagna (Merkel, Macron e Sanchez): elezioni da convocare subito, “libere, trasparenti e democratiche” altrimenti verrà riconosciuto l’autoproclamatosi presidente pro-tempore Juan Gualdò. L’Italia è divisa, ci sono posizioni in contrasto tra i due alleati di governo (anche qui: ma nell’accordo per l’esecutivo non si poteva certo pensare alla crisi venezuelana). La Lega è allineata con gli Stati Uniti, che spingono per liquidare Maduro, erede di Chavez; L’Alto Rappresentante per la Ue, Federica Mogherini, invoca nuove elezioni ma deve tener conto delle mediazioni necessarie con le altre sensibilità europee.

E se Theresa May, che guida il governo britannico che è (per ora…) un piede fuori dalla Ue, si muove su posizioni in linea con il neo-trio Berlino-Parigi-Madrid, Federica Mogherini ha dovuto tener conto anche delle sensibilità degli altri membri dell’Unione, dove il caso italiano è il più particolare. La Lega è contro Maduro, i Cinque Stelle non lo difendono ma si oppongono a ingerenze esterne nella politica interna di Caracas, e Alessandro Di Battista (non parlamentare, ma tornato in prima linea soprattutto per le questioni di politica estera del Movimento) polemizza esplicitamente con gli Stati Uniti e il suo Presidente Donald Trump,  ma anche con la linea dell’ultimatum: “E’ lo stesso schema adottato con la Libia di Gheddafi”. E propone per Bruxelles di assumere un ruolo di mediazione.

“Parla a vanvera” lo liquida il ministro dell’Interno e capo della Lega Matteo Salvini. Enzo Moavero Milanesi, ministro degli Esteri in quota Mattarella, è in linea con l’Unione europea. Il premier italiano Giuseppe Conte cerca di trovare la quadra, che però fa perdere all’Italia il treno di unirsi a Merkel, Macron e Sanchez  che approfittano dell’occasione per dire che ci sono due Europe, e in quella che conta ci sono loro.

Non è detto che per Conte sia stato un passo falso o un’0ccasione perduta. Del resto, non poteva fare altrimenti: deve tener conto degli equilibri di governo, ed è probabile che una posizione cauta, che poi è stata sintetizzata dalla Mogherini, sia nei fatti quella più corretta, considerando che Maduro guida un governo liberamente eletto. Ma è Bruxelles ad essere spiazzata da questa corsa a differenziarsi, dove è evidente che Berlino e Parigi vogliono lanciare un’Opa sul resto dell’Unione, e il socialista Sanchez, ora alla guida del governo spagnolo, ma da partito non di maggioranza, non vuole essere tagliato fuori. Intanto, in Venezuela gli scontri sono sanguinosi ma non c’è stata un’escalation (30 morti nei primi tre giorni di proteste, poi un giorno senza vittime), l’inflazione è stellare, Maduro sembra non vacillare e la Russia ha inviato quattrocento uomini per sostenerlo militarmente. Nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu anche la Cina sostiene Maduro, che peraltro è stato rieletto in elezioni disertate da gran parte dell’opposizione, ma giudicate sostanzialmente regolari dagli osservatori internazionali. Ma sono molti i segnali che farebbero pensare che i venezuelani cerchino un cambiamento, e l’autoproclamazione da presidente di Guaidò trova una giustificazione nel suo essere già presidente dell’Assemblea nazionale, e cioè di tutto il Parlamento (è monocamerale in Venezuela).

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