di Carlotta Speranza
Già da qualche anno se ne parlava, la “guerra” era all’Alfa e l’Omega del nostro sistema monetario, dalle monete da 1 e 2 centesimo alla banconota da 500 euro. Naturalmente per motivi molto diversi. Le monete da uno e due centesimi l’Italia ha già deciso di non coniarle più dallo scorso anno: sono ancora in circolazione, con i pagamenti elettronici non c’è pericolo di arrotondamento, ma ancora tanti prodotti – in edicola e nei supermercati, perfino il canone del telefono – sono venduti con quei 99 centesimi in bella evidenza, che vorrebbero sembrare una tentazione di risparmio. Ogni centesimo coniato ne costava più di quattro, e certo non sono mai entrati troppo in simpatia agli italiani. Anche se poi sui centesimi ogni Paese dell’eurozona si è dato le sue regole. E due centesimi (non coniati più neanche questi) corrispondono poi a quasi quaranta lire di vent’anni fa.
Per i cinquecento euro invece, la decisione di non stamparli più ha motivi naturalmente diversi. Ci sono Paesi che hanno tagli più grandi (la Svizzera, con il franco appena sotto l’euro, stampa le banconote da mille); ma i 500 euro sono sono sempre stati un taglio “pericoloso”, perché considerato troppo comodo per trasferire grossi capitali oltre frontiera, troppo appetibile per la criminalità organizzata. E’ stato Mario Draghi, governatore della Bce, Banca centrale europea, a scadenza di mandato (questo è il suo ultimo anno) a spingere per abolire questa banconota da subito sospettata di essere molto pratica per mafiosi, terroristi, corruttori e corrotti, evasori. E ce l’ha fatta. C’è voluto tempo. Nel 2012 un report della Bce aveva appurato che le banconote da 500 euro che venivano usate per le transazioni commerciali erano solo un terzo del totale. L’anno dopo la Soca (Serious Organized Crime Agency), agenzia britannica che gestisce i mandati internazionali di cattura, aveva diffuso un report secondo il quale il 90% dei pezzi da 500 euro era in possesso di mafiosi od evasori fiscali.
Nel 2016 c’era già stata, d’intesa tra i vari governi, una “sospensione” della stampa, per ridimensionarne la diffusione. Dal 27 gennaio non se ne stampano più in 17 Paesi dell’Eurozona su 19. Le due eccezioni sono la Banca centrale tedesca e quella austriaca, che si sono date tempo fino al 26 aprile.
Le banconote già stampate non saranno poi ritirate dalla circolazione: ce ne è in giro per 261 miliardi, oltre il 20% della valuta con valore legale in euro. Si consumeranno, di mano in mano. Marchiate dal sospetto: in una valigetta 24 ore ne possono entrare per sei milioni, in un pacchetto di sigaretta fino al valore di ventimila euro. E indagini, statistiche, report della polizia internazionale confermano: è la banconota preferita dalla criminalità. In Gran Bretagna, che ora sta uscendo dall’Europa ma nell’Eurozona non ci è mai entrata tenendosi stretta la sua sterlina, il “fogliettone” da 500 euro è stato dichiarato non smerciabile già nove anni fa perché legato alle mafie. L’euro, che compie vent’anni adesso, con poche celebrazioni e molte recriminazioni (dell’Italia, in particolare) perde il suo pezzo più pregiato.
Ma non subito, è un addio lungo. L’ultimo a firmare i biglietti di viola pallido è stato Mario Draghi, proprio lui che non li ha voluti più. Ma la stessa Banca centrale europea ha rassicurato: possono circolare ancora, essere cambiati, continuano ad avere valore legale. Mezzo secolo fa, presidente degli Stati Uniti Richard Nixon, erano stati aboliti da Washington i biglietti da 500 dollari. E anche allora, il motivo era lo stesso. Era considerato il biglietto dei criminali.