di Marta Fusaro
Raddoppio dei consensi in un anno. Il vincitore è Matteo Salvini con la sua Lega, che ha raddoppiato le percentuali delle Politiche 2018, raccogliendo un impressionante 34,33%. Meglio di quanto avevano fatto i Cinque Stelle un anno fa: i ruoli dei due alleati di governo in 14 mesi si sono invertiti. Nel 2018 il Movimento Cinque Stelle aveva trionfato, con la Lega terzo partito (in mezzo c’era il Pd). Quest’anno la Lega è prima, i Cinque Stelle (17,07%) al terzo posto. E in mezzo, anche stavolta, c’è il Pd, con il 22,7%. Che la Lega sarebbe stato il partito italiano più votato in queste Europee si sapeva già da tempo, i sondaggi lo hanno indicato con decisione da parecchi mesi. Semmai c’erano dubbi sul peso di questo successo. Ecco, alla luce delle aspettative e dei pronostici, il “pagellone” dei partiti italiani. Il voto assegnato non è ai programmi o al valore dei partiti (o magari alla loro coerenza, che a volta costa in termini di consenso), ma è relativo al solo risultato ottenuto a queste elezioni.
Lega. voto 9,5
Ha vinto, e anche se qualche settimana prima del voto si è arrivati a ipotizzare un 37% dei consensi, il sondaggio di Nando Pagnoncelli per il “Corriere della Sera” diffuso il 10 maggio, indicava la Lega primo partito al 30,9%. Invece le cose sono andate meglio, con oltre il 33% dei consensi. Un elettore su tre “tifa” Matteo Salvini. Era parere diffuso che si sarebbe dovuto parlare di “trionfo” se fosse stata superata la soglia del 30%. Cosa che si è verificata con ampio margine, superando anche quel simbolico 32,7% che rappresentava il potente successo dei Cinque Stelle alle ultime politiche
Fratelli d’Italia. voto 7
Il partito di Giorgia Meloni è quello che con più buone ragioni può parlare di vittoria. Con un po’ di malizia (i due partiti pescano nello stesso bacino elettorale) Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia, aveva lasciato qualche dubbio sul superamento del quorum del 4% (minimo per poter partecipare alla ripartizione dei seggi) da parte di Fratelli d’Italia. E in effetti 5 anni fa il quorum non lo avevano superato. E nei sondaggi, fino ad aprile scorso, il traguardo sembrava in forse. Invece Giorgia Meloni ce l’ha fatta, e abbondantemente ,con un 6,5% che è un risultato oltre le previsioni, il migliore di sempre del giovane partito.
Cinque Stelle. voto 2
Ovvero, la disfatta. Dal 32,7% di un anno fa al 17,07%. Era previsto che i Cinque Stelle sarebbero stati puniti da questo voto, e già nelle precedenti Europee erano stati ridimensionati rispetto alle Politiche dell’anno prima, che stabilirono il primo exploit del Movimento fondato dall’attore comico Beppe Grillo. Ma la sconfitta è Matteo Salvini Luigi Di Maio stata più pesante di ogni previsione. Per dare un’idea, lo stesso sondaggio firmato Pagnoncelli di cui abbiamo parlato prima, indicava per i “grillini” un voto su quattro (il 24,9% per la precisione). Secondo gli studiosi dei “flussi” dell’Istituto Cattaneo, rispetto al boom del 2018 solo un terzo degli elettori ha confermato la sua preferenza al Movimento; un altro terzo non è andato a votare, e l’ultimo terzo si è diretto verso agli altri partiti, in particolare avrebbe scelto la Lega
Partito Democratico. voto 6,5
Il nuovo segretario Zingaretti può legittimamente dichiararsi soddisfatto. Rispetto al 18,7% del voto alla Camera nelle Politiche dello scorso anno, c’è un recupero visibile e superiore di un paio di punti rispetto alle previsioni dei sondaggi. Va detto che il Partito democratico ha potuto far affidamento sui rientranti di “Articolo Uno” (ma di sicuro molti elettori non se ne sono neanche accorti). Gli obbiettivi di Zingaretti erano due: il primo, raggiungere la soglia del 20%, ed è stata ampiamente superata. Il secondo, che ad alcuni sostenitori sembrava un sogno, era quello di superare i Cinque stelle. Anche questo obbiettivo è stato raggiunto, e in modo clamoroso, con più di cinque punti di distacco. Anche se poi il conteggio dei voti è inferiore a un anno fa: ma su questo pesa la minore affluenza alle urne.
Forza Italia. voto 5
Il generoso rientro in pista di Silvio Berlusconi (a 82 anni) non è bastato. Del resto l’anziano leader non poteva spendersi troppo (durante la campagna elettorale si è dovuto fermare per un intervento chirurgico). E non è più tempo di miracoli. Forza Italia avrebbe potuto ritenersi soddisfatta se fosse rimasta sopra il 10%, che sarebbe stato comunque un risultato peggiore di quello delle passate politiche (quando si attestò al 14%). La sensazione è che Berlusconi e Antonio Tajani siano stati lasciati un po’ soli a difendere l’immagine del partito, che pure in Europa ha un ruolo più spendibile di quello della Lega. L’8,8% finale però non è una Caporetto, e permette di farsi rappresentare da 8 deputati grazie ai tanti voti dispersi dai piccoli partiti senza quorum (altrimenti sarebbero stati 6 o 7)
La sinistra
La lista “La sinistra” non è riuscita a ripetere il successo di cinque anni fa del tradizionale cartello di formazioni di sinistra, che allora si chiamava “L’altra sinistra con Tsipras” (facendo riferimento al leader greco) e che ottenne giusto giusto il 4%, che permise l’elezione di tre deputati. I risultati sono stati molto al di sotto delle aspettative, ma i sondaggi in questo caso non hanno concesso illusioni, anche per la dispersione dei voti provocati dalla lista comunista di Marco Rizzo. Potere al Popolo invece non si è presentato
PiùEuropa
L’esperimento di Emma Bonino, che le ha permesso di rientrare in Parlamento in Italia lo scorso anno, in Europa si è trovato la strada sbarrata dal quorum. A nulla è valsa l’alleanza con il progetto di Pizzarotti, il sindaco di Parma che ha lasciato i Cinque Stelle “mettendosi in proprio” con la formazione “Italia in Comune”. Niente quorum, e alla leader radicale non restano che le rivendicazioni. Inutili.
Europa verde
I Verdi sono rimasti fuori dal Parlamento, e questo era previsto. Ma l’esito è stato promettente: più che raddoppiato il consenso rispetto alle Europee di 5 anni fa (sono passati dallo 0,9% al 2,3%), nonostante una campagna elettorale quasi senza fondi. Ha contribuito alla causa l’alleanza con la lista Possibile di Pippo Civati (tra i primi a uscire dal Pd durante la segreteria di Matteo Renzi, poi passato a Liberi e Uguali)
I neo-fascisti
Una scoppola per CasaPound: si parla tanto di loro sui giornali, ma alle Europee si fermano a un tre per mille molto lontano da quell’uno per cento che avrebbe permesso di accedere ai rimborsi elettorali. Anche Forza Nuova si è presentata, con un risultato quasi analogo. Anche insieme le due formazioni “nostalgiche” non sarebbero andate da nessuna parte. L’obbiettivo non era certo portare deputati in Parlamento, ma anche l’atto di presenza si è rivelato un autogol.