Con le elezioni ormai concluse si torna alla quotidiana amministrazione in Europa, che vuol dire spesso il controllo dei conti pubblici dei diversi Paesi membri. E mentre la Lega di Matteo Salvini stava ancora festeggiando l’ottimo risultato ottenuto alle europee, mercoledì 29 maggio è arrivata a Roma la lettera in cui si chiedono chiarimenti sul perché il debito del nostro Paese è cresciuto nel 2018 al 132,2 per cento del Pil, dal 131,4 per cento dell’anno precedente. Se non arriveranno risposte adeguate l’esecutivo comunitario potrebbe lanciare di una procedura per debito eccessivo, una procedura complessa che prevede dopo numerosi passaggi, ben 17, possibili sanzioni fino ad arrivare, nell’ipotesi peggiore, ad una multa dello 0,2 per cento del Pil, maggiorato di una quota variabile fino allo 0,5 per cento del Pil, oltre alla sospensione dei pagamenti o degli impegni relativi ai fondi strutturali Ue. Al momento di tratta ancora di una possibilità teorica, poiché prima di arrivare a quello stadio i rendimenti dei titoli di Stato sarebbero già saliti da un pezzo a livelli insostenibili, assai più di quelli attuali, già molto elevati: martedì28 il decennale italiano rendeva il 2,69 per cento, mentre il Bund tedesco ha un rendimento negativo dello 0,15 per cento. Questo significa che lo spread è intorno ai 284 punti base.
L’Italia ha rischiato l’avvio di una procedura per debito nell’autunno scorso, ma l’ha evitata grazie all’accordo sulla manovra economica di quest’anno raggiunto dal ministro dell’Economia Giovanni Tria con la Commissione europea. A causa di quell’accordo la Commissione è stata criticata apertamente dal ministro delle Finanze olandese Wopke Hoekstra e in difesa del nostro paese è sceso inaspettatamente il commissario agli Affari economici e finanziari, il socialista francese Pierre Moscovici, che ha fatto notare che l’Italia ha un ruolo centrale nell’Eurozona e che l’accordo era nell’interesse di tutti. Il rischio era quello di scatenare un’altra crisi dell’euro, autoinflitta. “Le sanzioni non sono la mia strada preferita”, ha dichiarato l’ex ministro francese, che però ha avvertito: “Una cosa dev’essere chiara: se un Paese, ad un certo punto, è totalmente fuori dalle regole, non compatibile con le regole, le sanzioni ci sono”. Moscovici che, secondo quanto riportato dalla Bloomberg, ha anticipato il carteggio con il governo italiano “su misure aggiuntive che potrebbero essere richieste”, aggiungendo che le sanzioni “sono principalmente dissuasive, ma possono essere anche persuasive”. “Cerchiamo di evitarlo”, ha però concluso.
Quello della lettera all’Italia non è però un passaggio straordinario riservato alla maggioranza gialloverde guidata da Matteo Salvini e Luigi Di Maio, ma un passaggio formale e abbastanza comune. Carteggi del genere avvenivano anche con il governo di Paolo Gentiloni del Pd. A queste missive i governi rispondono con una lettera di accompagnamento firmata dal ministro delle Finanze e una relazione sui fattori rilevanti da tenere in considerazione per un’adeguata valutazione dell’evoluzione del debito pubblico. Andando a ritroso negli ultimi anni possiamo si ricordala lettera inviata dall’esecutivo Ue il 2 maggio 2016 all’allora direttore generale del Tesoro Vincenzo La Via alla quale seguì la risposta dell’ex ministro Pier Carlo Padoan accompagnata da un rapporto sui fattori rilevanti di 84 cartelle. Anche nel 2017 e 2018 la missiva è giunta al Mef nel mese di maggio e puntuale è stata recapitata la risposta del Tesoro guidato da Padoan con rapporto annesso (più corto quello del 2018 a 60 pagine). Tuttavia, al cambio della ‘staffetta’ tra il governo Pd e quello giallo-verde, la Commissione europea ha inviato una lettera sul debito già lo scorso autunno (il 29 ottobre per l’esattezza) indirizzata all’ex direttore generale Alessandro Riviera chiedendo di fornire una relazione sui cosiddetti ‘fattori rilevanti’ che possano giustificare “una riduzione del debito meno marcata di quella richiesta” dalla Ue. Tria ha risposto il 14 novembre allegando un nuovo rapporto sui fattori rilevanti. In passato le giustificazioni fornite sono bastate a scongiurare il rischio di una procedura, ma a fronte di promesse e impegni. Le stime Ue sull’Italia che indicano un nuovo rialzo del debito lasciano questa volta temere il peggio. E il peggio potrebbe concretizzarsi il 5 giugno, quando con il rapporto sui conti la Commissione potrebbe aprire una procedura contro l’Italia.
Europatoday