di Fabio Morabito
Ci risiamo. L’Italia è di nuovo sotto la minaccia della procedura d’infrazione in Europa per la sua crescita asfittica della produzione e per il debito pubblico in aumento. L’agenda politica del governo nato dall’intesa tra Lega e Movimento Cinque Stelle si scontra con l’inflessibilità della Commissione europea che pure è in scadenza, ma non è scaduta con il voto del 26 maggio. E se in Italia alle Europee ha vinto la Lega di Matteo Salvini, a Bruxelles sia questa che l’alleato guidato da Luigi Di Maio sono fuori da quelle che saranno le forze di governo dell’Unione, e cioè Popolari, Socialdemocratici, Liberali, forse anche i Verdi.
Prima dell’avvicendamento alla Commissione, in agenda dopo l’estate, conducono i giochi ancora il Commissario per gli Affari economici, il francese Pierre Moscovici, e il responsabile per la stabilità finanziaria, il lettone Valdis Dombrovskis, che già avevano messo alle corde Palazzo Chigi alla fine dello scorso anno, in base a un’analisi dura (crescita dell’Italia peggiore del previsto e aumento del debito pubblico) ma che alla fine è risultata perfino ottimistica rispetto a quanto si sta verificando.
Lo spread (che di fatto quantifica la forbice tra la debolezza dei titoli di Stato italiano e la solidità di quelli tedeschi) è sempre elevato, e questo aumenta il peso degli interessi sul debito pubblico. Solo di interessi tra il 2010 e il 2018 l’Italia ha speso 645 miliardi. Bruciati. L’Italia, in caso di procedura d’infrazione rischia penali molto pesanti (dallo 0,2% allo 0,5% del Pil, il Prodotto interno lordo, e cioè dai 3 ai 7,5 miliardi di euro), e un rischio teorico di più difficile accesso ai fondi europei.
Bruxelles suggerisce una manovra correttiva entro quest’anno, fino a dieci miliardi di euro. Il ministro dell’Economia Giovanni Tria, impegnato per evitare la procedura d’infrazione, rassicura che la nuova manovra non sarà necessaria. Ma, alla fine, potrebbe bastare una manovra ridotta, di tre o quattro miliardi, per evitare il peggio.
Il primo ministro Giuseppe Conte dice che l’Italia vuole cambiare le regole europee, ma la sua insofferenza a Bruxelles si ferma qui: le regole aggiunge infatti fin ché ci sono vanno rispettate. Tria e Conte intendono mettere sul piatto tre miliardi di euro che sarebbero stati risparmiati rispetto al Reddito d i cittadinanza e “Quota cento” sulle pensioni, provvedimenti bandiera che sarebbero risultati meno onerosi del previsto.
I giorni “decisivi” sono l’8 e il 9 luglio, quando a Bruxelles si riunirà (presente Mario Draghi, presidente della Bce, la Banca centrale europea) l’Ecofin, composto d ai ministri di Economia e finanza dei Paesi membri dell’Unione, e all’interno di questo vertice l’Eurogruppo dei 1 9 ministri finanziari dei Paesi che hanno aderito alla moneta unica. E anche se l’Italia dovesse alla fine evitare ancora una volta lo smacco della procedura d’infrazione, dal primo gennaio prossimo si renderà necessario trovare risorse per altri 23 miliardi di euro, quanto costa evitare l’aumento dell’Iva, come sempre promesso a voci unificate d ei d ue alleati di governo. Insomma, una stretta fatale c he fa vacillare palazzo Chigi.
Resta dietro le quinte l’impegno di una lotta dura a lla grande evasione fiscale (con l a m inaccia d el carcere) anche perché nel Contratto di governo questa misura è collegata all’intervento di “flat tax”, tassa piatta, che diminuisce il carico tributario con l’obiettivo di fa r emergere il “non dichiarato”. Sono almeno 90100 miliardi l’anno, secondo il ministero dell’Economia, i soldi evasi dai contribuenti, di cui quasi 34 miliardi riguardano l’Irpef sul lavoro autonomo, qualcosa in più riguardano l’Iva. L’Italia rischia di essere il primo Paese a finire formalmente sotto procedura
per debito nell’Unione, già ritenuta “giustificata” il 21 novembre scorso, ma poi scongiurata dai “ritocchi” alla manovra accettati da Palazzo Chigi. La Commissione propone, il Consiglio dei governi disporrà. C’è poco da illudersi che con il cambio dei componenti della Commissione ci sarà più benevolenza con il governo italiano. Chi prenderà il posto di Moscovici e Dombrovskis dovrà per forza operare la stessa pressione su Palazzo Chigi.
Bruxelles teme, a ragione, l’effetto drammatico sulla stabilità europea di una caduta dell’Italia. L’intransigenza che sta dimostrando la Commissione europea, anche rispetto al novembre scorso, non è frutto di pregiudizi verso il nostro governo, ma è la conseguenza di conti dissestati negli anni. “L’unico modo per ridurre il debito sostiene ancora Salvini è tagliare le tasse e permettere agli italiani di lavorare di più e meglio». Naturalmente non è così, quella del leader della Lega suona come una ricetta solo di propaganda. Ma è anche vero che Bruxelles difficilmente andrà fino in fondo: per una procedura ci vogliono tempi inesorabilmente lunghi, e nel frattempo si dovrebbe risolvere il braccio di ferro all’interno del governo italiano.
Conte e Tria mediano tra gli “azionisti” del governo (Lega e Cinque Stelle) e Bruxelles, parteggiando apertamente per la ragionevolezza, e quindi per trovare un’intesa con i Commissari. Ma in ballo c’è anche lo stesso governo, reso fragile dalla
tentazione di nuove elezioni che potrebbero portare con l’attuale legge che premia con la maggioranza la coalizione che ottiene il 40% dei consensi il centrodestra a guida Salvini a una netta vittoria. In questo quadro anche un eventuale governo tecnico di transizione che costringa a tutti i sacrifici possibili per mettere i conti in ordine, rassicurerebbe i mercati. Nel frattempo, si gioca la partita delle nomine europee. E l’Italia questa volta si dovrà accontentare di molto poco. Forse sarebbe già un successo evitare la nomina del governatore della Banca centrale tedesca, Jens Weidmann, al posto di Draghi. Anche se Weidmann, considerato un “falco” e forte oppositore di Draghi, ha già ammorbidito la sua linea per cercare consensi fuori Patria.
Ma per neutralizzare Weidmann, Conte potrebbe appoggiare la candidatura di un altro tedesco, Manfred Weber dei Popolari, a capo della Commissione europea al posto di Jean-Claude Juncker. Weber ha incontrato Conte a Roma ,il 10 giugno scorso. La sua candidatura però ha suscitato la forte opposizione del presidente francese Emmanuel Macron, un fatto che potrebbe rendere ancora più sensibile Roma alla sua causa. Si gioca quindi una partita a scacchi dove però Conte rischia di doversi fermare. A meno che Salvini non mantenga la sua più volte confermata promessa, di una vita “naturale” di questo esecutivo fino alla fine (o quasi) della legislatura.Ma una lunga vita del governo renderà impossibile, per i veti di Bruxelles, rispettare gli impegni elettorali. Un governo finito con le spalle al muro, dove la resa dei conti è su promesse che costano troppo per essere mantenute.
Fabio Morabito